Qualche settimana fa avevo un problema piuttosto grosso e mi sono rivolto al mio amico Piero. Sono state sei ore di conversazione, in cui lui mi ha ascoltato per tutto questo tempo. In realtà, ovviamente, ha parlato anche lui, ma dico “mi ha ascoltato per sei ore” perché quello che diceva lui era sempre in sintonia con ciò che esprimevo o chiedevo;
quando non capiva faceva altre domande, e io rispondevo, e lui magari raccontava qualcosa di sé, ma sempre allineato a quello che era il mio problema.
Sono uscito da quella conversazione (che ha toccato un po’ tutta la mia vita, ma in generale temi come il karma, il destino, il senso della vita nostra e altrui) in pace e con
un senso di serenità.
Serenità che era data sia dal fatto che per la prima e unica volta una persona aveva inquadrato il mio problema, sia per il fatto che mi sono reso conto che era prima volta
nella vita che un amico mi ascolta per sei ore, e questo mi pareva proprio un miracolo.
Il mio pensiero è andato a due delle persone con cui amo di più conversare (uso appositamente il termine conversare, e non ascolto); una è il mio amico M, e l’altra V, una psicologa di grande esperienza che stimo sopra ogni altra persona per lucidità, intelligenza e preparazione.
Le nostre conversazioni sono lunghissime e evolutive, nel senso che da loro imparo molto e viceversa. M è infatti una delle persone più intelligenti che conosco, uno di quello che riesce di più a capire gli altri, ad analizzarne i meccanismi, e fare osservazioni intelligenti che riescono a far meditare e ad avanzare l’altro. Stessa cosa per V, le cui analisi sono sempre lucide e impeccabili.
Esco però sempre dalle nostre conversazioni con un mal di testa notevole, dovuto al fatto che l’ascolto da parte loro è limitato ad un tempo massimo di due minuti, interrotto poi inevitabilmente con V da “dissento, ma, però” o altre domande da cui si capisce che sta seguendo il filo del discorso, ma in modo discontinuo e frammentario, seguendo la sua linea di pensiero e non quella dell’altro. L’ascolto di M è invece intervallato da continui “ma questo che mi dici è un meccanismo; questa è una contraddizione; questo che dici è in contrasto con il fatto che ho osservato sei mesi fa” e via discorrendo.
In altre parole, più che un ascoltare reciproco è un duello di menti reciproco che, benché interessante ed evolutivo, è spesso stancante dal punto di vista mentale proprio per l’intelligenza con cui vengono affrontati certi argomenti. D’altronde è la loro intelligenza e il loro metodo che me li ha fatti scegliere come i migliori amici con cui parlare.
Una delle contraddizioni che M non capisce di me è perché dico di lui che non sa ascoltare, ma al tempo stesso dico anche che è una delle persone che ascolta di più e con cui mi piace di più confrontarmi. Contraddizione che dentro di sé risolverebbe se, appunto, ascoltasse oltre il suo limite naturale di 2 minuti, per capire la differenza tra “sentire le parole dell’altro” e “ascoltarlo”, unito al dato di fatt o che, è vero, lui è una delle persone che ascolta di più, ma solo se raffrontata alla maggior parte delle persone, che
non ascolta proprio nulla.
Un’altra domanda che M mi pone è “ma perché ti interessa tanto capire l’altro?”.
Rimane infatti un mistero per lui, come uno possa avere la volontà di capire l’altro a tutti i costi; ma per me è come se mi domandassero “ma perché senti il bisogno di mangiare?” o
“perché senti il bisogno di respirare?”. Specie poi se la domanda è fatta
relativamente ad una persona che si ama o a cui si vuole bene, la questione diventa addirittura senza senso dato che per me amare equivale a “sentire l’altro”
come ho spiegato nell’articolo sull’amore (
http://paolofranceschetti.com/?p=114) scritto a due mani con Ambra Guerrucci.
E capire l’altro equivale a sentirlo; sentirlo equivale ad ascoltarlo. Anche se poi, per usare le parole di Ambra, per capire certe cose bisogna farlo andando oltre la mente per usare solo il cuore.
Mi sono quindi interrogato su cosa accomuni le persone che ascoltano di più per accorgermi che un dato unificante c’è ed è la meditazione, unita al lavoro su se stessi. Queste due
combinazioni insieme permettono a una persona di ascoltare veramente, andare oltre le parole, oltre i giudizi (che sono un vero e proprio blocco alla comunicazione ma soprattutto all’ascolto e quindi in ultima analisi alla
comprensione).
Il dato unificante è questo: le persone che ascoltano molto sono anche, di norma, persone che meditano e lavorano su se stesse. Perché la meditazione è un ascolto profondo dell’oggetto della meditazione (sia esso il mondo, Dio, se stessi, o il nulla), e dunque va oltre i giudizi, i pregiudizi e gli schemi; in definitiva, va oltre la mente.
Ascoltare profondamente l’altro è quindi un po’ una meditazione sull’altro, un sentire l’altro con il cuore anziché con la mente; ed è uno stato di coscienza che, non a caso, si raggiunge solo con la meditazione.
Infatti una delle persone che nella mia vita ho incontrato e che ascolta di più è Stefania; che non a caso passa in silenzio (anche interiore) la maggior parte delle sue giornate, e
rimane ore in silenzio ad ascoltare gli altri. Ma il suo ascoltare si traduce poi in una rielaborazione dei dati che ha, tanto che io stesso mi stupisco quando la ascolto in radio, dicendo a me stesso “ma come fa a ricordarsi tutte queste cose e a sapere tutti questi dati?”.
Il motivo è semplice, in fondo: ascolta.
E quando mi domandano come ho fatto a capire tutte le cose che poi ho trasfuso negli articoli del mio blog e nei miei libri “Sistema massonico e Ordine della Rosa Rossa” e “Alla ricerca di Dio, dalla religione ai maestri contemporanei”, la domanda mi pare proprio senza senso perché la risposta mi pare ovvia: ho ascoltato. Ho ascoltato oltre i pregiudizi, anche ciò che mi pareva assurdo. E poi ho unito i dati.
E rivado alla mia prima conversazione con Piero al telefono, dieci anni fa. Al termine della telefonata mi disse: “Bella conversazione… una delle prime volte che parlo con una persona che fa il tuo lavoro e che sa ascoltare”. Fu una frase curiosa, perché ebbi la stessa impressione di lui e dentro di me mi ero detto la stessa
cosa.
Il rapporto più bello della mia vita è stato quello con una persona di nome Akin Rajnesh; venendo da un paese diverso, le nostre personalità, abitudini e esperienze erano molto diverse.
Ed avendo lei una grandissima esperienza di vita e quindi molto da insegnarmi, il nostro rapporto era basato prevalentemente sul mio ascolto di ciò che mi raccontava e insegnava. Passavo ore, o giorni, ad ascoltarla. Prendevo spesso appunti, sia quando mi telefonava, sia quando stavamo insieme di persona. E trascrivevo i suoi sms più significativi.
I giudizi sul nostro rapporto erano i più disparati.
“Si vocifera che abbiate una relazione”, mi disse uno dei miei più cari amici, la cui capacità di ascolto dell’altro non supera i 15 secondi, pur essendo una delle persone con le
maggiori conoscenze intellettuali in assoluto che conosca e una delle più intelligenti, lucide e razionali; commento che mi lasciò stupefatto perché non riesco proprio a capire il problema. Non è che si vocifera che sia pedofilo, o spacciatore, o mafioso; si vocifera di una relazione, ovverosia di una cosa innocua come “si vocifera che domani ci sarà
vento”, che se poi il vento c’è o non c’è non frega nulla a nessuno tranne, forse, a qualche velista. Non mi ha mai chiesto nulla, non sapeva nulla di che rapporto avessimo ma mi ha voluto informare delle voci (cioè di una cosa esterna di cui non mi potrebbe interessare meno).
“Ma perché perdi tempo ad accompagnarla in viaggi per il mondo?”, mi disse il mio amico M. Altra domanda che mi lasciò stupefatto. Come se uno chiedesse “che gusto ci sarà ad ascoltare una persona da cui imparo tante cose, soprattutto di me stesso?”. Insomma… imparare tante cose di se stessi e dell’altro è una perdita di tempo.Sempre M poi vedeva un’altra contraddizione nel mio strano rapporto con Akin: ma come fai a dire che è il rapporto più bello della tua vita, se è quello che ti ha creato più casini? Sei mesi fa mi avevi detto una cosa in contraddizione con quella che mi dicesti due mesi dopo e ancora diversa da quella di oggi…
Il perchè è che è quello con cui sono cresciuto di più. E a me quindi non pare strano.
L’unica persona che capì il mio rapporto con Akin fu, non a caso, Piero.E fu poi anche una ragazzina di 17 anni, figlia di una mia carissima amica, ma più intelligente di tutte le ragazzine che conosco, che mi disse: “Come mai state sempre insieme?”.
“Perché la ascolto”, risposi.
– E perché la ascolti?
– Perché imparo.
– E cosa impari?
– Il mondo, la vita e me stesso.
– E per imparare te stesso hai bisogno di un’altra persona? Mi
disse.
Sì, risposi. E le spiegai che tutti credono di capire se stessi; pochi dicono “io non mi capisco” e cercano rapporti con persone che le mettano davanti a loro stessi. La maggior parte ne fuggono.
Un giorno Akin scomparve nel nulla da dove era venuta, senza alcun preavviso, e mi tornò in mente una nostra conversazione
durante un viaggio a Londra, in aereo.
– Cosa dicono di me i tuoi amici?
– Mah… di tutto. Qualcuno mi dice
che sbaglio a perdere tutto tempo questo dietro a te. Qualcuno dice che sei la persona più meravigliosa che abbia incontrato e invidia il rapporto che abbiamo. Altri dicono che sei una specie di demone da cui guardarsi le spalle. Qualcuno dice che sei una diva capricciosa e io un cretino che perde il suo tempo a farti da lacchè.
– Non meravigliarti… io metto le persone solo davanti a loro stesse e ciascuno vede in me solo il riflesso di se stesso. Questo in realtà è ciò che capita in ogni rapporto. Ciascuno vede nell’altro solo il riflesso di se stesso, solo che non lo sa. Con me però questo fenomeno è particolarmente accentuato, perché sono una persona molto diversa dal comune e non rientro in alcuno schema. Ma tu, cosa pensi di me?
– Non so… devo ancora capirlo, risposi.
E poi – aggiunsi – spesso non ti capisco. Cerco di capirti, mi sforzo per quanto possibile, ma non sempre ci riesco. Certe volte mi sembri come il personaggio della cattiva strada di De Andrè. Arrivi nella vita altrui, dici delle cose strane, porti il caos nelle vite altrui, e la gente ti segue, come me, su quella che molti pensano sia una “cattiva strada”.
– Mi capirai solo quando imparerai ad ascoltare te stesso, mi disse. E quando invece di cercare risposte da me imparerai a trovarle dentro di te. Ma devi fare ancora tanta strada.
La cosa curiosa, è che sparì proprio il giorno in cui ero ad una conferenza, organizzata dal mio amico M, sull’illusione della matrix, sullo spazio – tempo, le eggregore, e sull’illusione della realtà. Da quel giorno, sparì nel nulla, non rispose più ai miei tentativi di comunicare con lei e non ne seppi più nulla, partendo per un suo nuovo viaggio tutto personale e lasciando me al mio.Credo quindi sia scomparsa all’improvviso per lasciarmi questo messaggio: ascolta te stesso. Non cercarmi dentro di te, ma cercami al tuo interno. E quello che cerchi in me, trovalo dentro di te. Troverai me, quando mi troverai in te (come mi disse in un sms che ancora conservo). La realtà in cui viviamo è un’illusione creata dalla mente, come lo era il nostro rapporto; trova il tuo centro, oltre la mente, rimanendo nel vuoto, ascoltando la parte più profonda di te stesso, e ti connetterai al divino.E che questo fosse il motivo della sua scomparsa mi venne riconfermato da un sms che mi mandò molto tempo dopo: “Ciao Paolo. hai riflettuto su ciò che ti diceva il tuo amico M? Perchè ascolti tanto gli altri? La realtà è solo un’illusione della nostra mente, ed è creata da noi. L’unico ascolto reale, è quello di noi stessi, in silenzio, nel silenzio.”
E l’altro messaggio che mi è arrivato è: prova ad ascoltare tutti. Magari, hanno ragione tutti.
Provai a chiamarla, ma non rispose
Articolo di Piero Cammerinesi: Saper ascoltare.
http://188.226.173.123/component/k2/785-saper-ascoltare
E quando poi sparì del tutto
A chi diceva “È stato un male”
A chi diceva “È stato un bene”
Raccomandò “Non vi conviene
Venir con me dovunque vada
Ma c’è amore un po’ per tutti”
E tutti quanti hanno un amore
Sulla cattiva strada
Fabrizio De André – La cattiva strada
Luca
9 Maggio 2017 @ 21:36
L'ascolto come forma di meditazione.
E' meglio l'uomo oggi o l'umanità domani?
Danke.
Luca
15 Maggio 2017 @ 23:28
L'ascolto come… ascolto.
Perché devo sempre complicare le cose? 🙂
A buon rendere.