Primo ospite della serata il giornalista e scrittore Gianni Lannes, autore de “Bombe a… Mare. Dall’iprite all’uranio sporco nei mari d’Italia” (Nexus). La storia incredibile e sconosciuta ricostruita da un’inchiesta giornalistica sul campo basata su prove ufficiali, di un arsenale chimico proibito dalla Convenzione di Ginevra del 1925. Un milione di ordigni affondati dagli anglo-americani nei mari italiani, al termine della seconda guerra mondiale e del conflitto in Jugoslavia.
Nella seconda parte sarà con noi Carmelo Carlizzi, marito della compianta Gabriella, che è ormai prossimo alla pubblicazione di un nuovo interessante lavoro legato alla figura ed al messaggio della moglie che ha cercato di svelare alcuni tra i più torbidi misteri italiani.
Stefania intervista il giornalista Antonio Amorosi, autore di un’inchiesta su FICO Eataly World, il più grande parco agroalimentare al mondo, che dovrebbe produrre e vendere cibo biologico e di alta qualità, ma è stato aperto nei pressi di un grande inceneritore.
La notizia della settimana commentata da Federica Francesconi, la ruota libera con Paolo Franceschetti, l’angolo di Barbara Marchand e Maestro di Dietrologia completeranno come sempre la puntata. Per intervenire: [email protected]
Buon ascolto!
Profano per scelta
27 Gennaio 2018 @ 22:42
Anonimo 22 aprile 2008 at 18:34
Gentilissimi,
sono un libero professionista mancato, ossia un soggetto con appropriati studi tecnici, con iscrizione ad albo professionale, con notevoli specializzazioni, che per libero pensiero non si è confinato nel piano del Compasso (Massoneria), ovvero in un angolo di apertura che può essere anche ottuso.
Il risultato del voler restare un libero pensatore è stato quello essere stato di fatto estromesso dal mercato del lavoro e di riuscire a sopravvivere solo grazie ad un pò di risorse lasciatemi dai miei cari estinti.
Comunque la cosa più grave è che nell’ambito della libera professione diverse ragazze accettano di buon grado “compromessi di letto” con “Illuminati” affermati, nella maggioranza dei casi brutti e molto più vecchi di loro, convinte che questa sia la dovuta prassi per entrare in Massoneria e gioco-forza affermarsi, odiandomi per il fatto che cerco di mettere in luce certi misfatti.
In virtù delle mie esperienze personali sopra introdotte ho cominciato a scrivere un libro che purtroppo sarà censurato dal “potere illuminato”:
Prima parte di:
“STORIA DI UN PROFANO CHE OSÒ SOGNARE UN MONDO SENZA LOGGE”
In un piccolo paese a confine con la parte nord della Maremma passò la sua infanzia, trascorse la sua adolescenza e parte dell’età adulta un soggetto cui alla nascita furono assegnati due nomi, chiamato con disprezzo dai suoi “concittadini” con il nome di un noto esploratore, in parte per la sua predisposizione a viaggi e studi di carattere tecnico-scientifico e soprattutto per sfottò, consuetudine che caratterizza l’ignoranza popolare, in particolare in Toscana.
Fin dall’infanzia il soggetto in questione era dedito ad esperimenti di vario genere, di chimica, di fisica, di elettrologia etc., fatto che gli valse un appellativo simile a quello di Dr. Jekyll.
Eppure costui in un altro contesto sociale avrebbe potuto essere apprezzato per il suo eclettismo.
Ma proseguiamo.
Il signorino bi-nome era nato da padre proveniente da famiglia benestante e madre di famiglia povera, quindi, soprattutto nel periodo dell’infanzia, visse le tristi esperienze dei contrasti familiari che tale differenza di estrazione generò.
Le predette esperienze svilupparono nell’infante una notevole sensibilità ed una profondità di analisi, cui però fece da equilibrio un indurimento del carattere con parziale perdita di sentimenti sia verso il mondo strettamente circostante che verso il mondo esterno.
Il “signorino” ebbe comunque la non comune fortuna di essere fermamente educato da una madre, “maestra per caso” per molto tempo prima di passare di ruolo, e da una signora che aveva sposato in seconde nozze suo nonno, di seguito denominata “zia maestra.”
La “zia maestra” era di estrazione cattolico-borghese, ossia apparteneva ad una di quelle famiglie definite da un leader politico dei tempi nostri catto-comuniste, e vantava tra i parenti più stretti illustri professionisti, quali medici, Giudici, bancari, etc., molti dei quali, come appurato in seguito, erano in primis “Grandi Illuminati” (esponenti di vario grado di svariate logge).
Tuttavia il “piccolo studioso” non era ancora in grado di capire chi fossero in verità i soggetti con cui andava interagendo, benché avesse già da tempo avuto modo di “apprezzare” tra tante doti, il bigottismo della zia maestra e della sua “famiglia”, sicuramente fatti loro e ben lungi dall’essere “cosa” mia, vostra o nostra.
Nel passaggio dall’infanzia all’adolescenza il ragazzo bi-nome attraversò momenti critici e durante la sua crisi esistenziale frequentò “sconvenienti personaggi”, fino a quando “qualcuno” gioì nel cogliere l’occasione per intaccare duramente la sua immagine e quella dei suoi cari.
Seguirono molte difficoltà, ma il ragazzo bi-nome le superò, seppur perseguitato dall’astio di “coloro”, che per fortuna “potevano” meno di suo padre anch’egli forse in parte “illuminato, ma ancora Grande Uomo.
Tuttavia gli ignoranti sparlarono ed i “Grandi Illuminati” poterono in qualche modo giustificare l’estromissione del “signorino” dai “posti di prestigio”, all’insegna del loro “altruismo” e della loro “filantropia”.
Intanto gli anni passavano, il “signorino” si apprestava a diventare uomo e la sua rabbia cresceva di fronte all’ipocrisia ed all’ostentato perbenismo di quei “raggruppamenti propensi a far del bene”.
La rabbia del ragazzo bi-nome raggiungeva l’apice ogni volta che, cercando di proporsi in ambienti di alto profilo a lui certamente consoni, veniva rifiutato, in quanto, secondo “elevati pensieri”, per sua ricchezza familiare aveva certamente meno bisogno di altri.
Cominciò così a prendere forma un’emarginazione pilotata che costrinse il ragazzo di provincia ad andare alla ricerca di città dove contano i fatti e non le illazioni, permettendogli di farsi apprezzare altrove sotto il profilo tecnico.
Purtroppo, “per caso” o “per sfortuna” vi fu qualcuno che cercò con forte coercizione ed altri ostacoli di distruggere quella immagine, corrispondente al vero, che il “signorino” aveva cercato di far conoscere fuori provincia;
quindi il ragazzo bi-nome tornò di nuovo nell’ombra e si ripresentò quella situazione kafkiana, orma così “fedele compagna” della sua vita, che lo indusse a rinunciare per sempre a cercare un altra donna per sposarsi.
Passarono altri anni vissuti nella provincia di origine, tra l’incertezza dell’oggi ed il buio del poi, con il risentimento di una madre che il giorno del concepimento del figlio avrebbe fatto meglio ad andare al cinema e l’ottimismo di un Grande Padre, che, come il nonno, riteneva un dono di Dio quelle capacità tecnico-professionali che il figlio andava via via acquisendo.
Ma il tempo fu tiranno e nel momento in cui il nonno apprezzò senza limiti il nipote ed il padre riscoprì il proprio figlio, il nonno impazzì ed il padre morì;
si profilò in seguito uno scenario che fece rivoltare nella tomba il vate Giovanni Verga per il rimpianto di non poter presenziare a momenti della vita del “signorino” che gli avrebbero permesso di superare in verità il successo delle due novelle “I Malavoglia e “Rosso Mal Pelo”.
Dopo la morte del padre del “signorino” la zia maestra mostrò la sua natura di donna profondamente altruista e filantropa, avanzando pieni diritti sulle proprietà del nonno del “signorino”, proponendosi quale “degna” tutrice di tali beni, supportata in tale opera di bene da suoi congiunti “Illuminati” e “Bravi”, termine di etimologia incerta, probabilmente manzoniana.
Ma il ragazzo bi-nome, oltre ad avere un fratello adeguatamente opportunista aveva anche una madre Guerriera, che benché minuta era capace di intimorire la ricca armata di “Illuminati”, difendendo gli interessi dei suoi cari in modo cavalleresco, con la spada e con i denti, anche se finti, dato che portava la dentiera.
Iniziò così una serie di battaglie tra il legale ed il reale, che sembravano decretare vittoriosa quella zia che si era sempre proclamata indegna dei beni del nonno del “signorino”, rinnegando dopo la morte del di lui padre quanto detto e promesso.
Furono tempi duri ed i legali dei nipoti abiatici, sicuramente altrettanto “Illuminati”, a contatto con la “maestra zia” ed i suoi “luminosissimi congiunti”, perdevano la brillantezza dello spirito ed ancor peggio il lume di intelletto, dando l’impressione di essere banderuole tra le righe e sulle carte.
Addirittura, durante un incontro-scontro presso un foro di rito, un avvocato che avrebbe dovuto presentarsi al “signorino” ed ai suoi cari, quale sostituto del loro legale ammalato, si scordò di farlo e fu così all’altezza di rappresentarli, che tacque durante tutta l’udienza;
occorre dire a sua discolpa che in quella sede, dopo la prima “riflessione”, secondo equità, di un Giudice imparziale, scese da una scala, forse “a chiocciola” e forse “illuminata”, con analogia ad un Vecchio Tempio, il Procuratore Capo dei Capi con l’intenzione ed il risultato di piegare la Giustizia al suo volere.
In quella occasione il ragazzo bi-nome non potè fare a meno di guardare le coordinate del suo GPS, ritenendo, forse per un buco temporale di essere finito nel profondo Sud della penisola, dove certi soggetti, forse per impedire agli “Illuminati” di appropriarsi di tutto, hanno creato l’etichetta “cosa nostra”.
Purtroppo non vi era stata alcuna trasposizione spazio-temporale e nella mente del “signorino” cominciò ad aleggiare il sospetto che esistesse qualcos’altro di altrettanto terribile, oltre alle mafie conosciute e che quel qualcosa, al di sopra di ogni sospetto e per questo più efficace e pericoloso, serpeggiasse tra i Palazzi dello Stato.
Seguirono molteplici sconfitte con considerevoli perdite (economiche) e la guerra pareva ormai perduta, con il fratello del “signorino”, in poltrona a riposarsi, pronto a stringere patti con i “Bravi nemici” e la di lui madre cosparsa di lacrime che si accingeva a deporre la spada e lo scudo, non per resa, ma per la spossatezza che le impediva di brandirli ancora.
A quel punto il ragazzo bi-nome sentì scorrere nelle sue vene la Forza del nonno e la Grandezza del padre, si improvvisò guerriero e corse da una cara impiegata del foro, probabilmente veramente illuminata, che lo introdusse al cospetto di un uomo burbero, che pareva più matto che legale.
Eppure costui che suscitava nel “signorino” ed i sui cari scarsa fiducia e molto timore, non fu minimamente scalfito dalla “Luce” dei congiunti della “maestra zia”, che parvero mero pulviscolo di fronte ad un sole che splendeva e splende ancora con elevatissima energia, fortemente al di sopra di ogni loggia.
Per un po’ fu la quiete;
ma ben presto ricominciò a tuonare
Dopo essersi leccati le ferite i “Grandi Illuminati” che facevano quadrato attorno alla “maestra zia” cominciarono a “farsi valere”, come si conviene agli affiliati di quelle appartenenze, per consuetudine definite “obbedienze”.
Così cominciò un “accorato” interessamento nei confronti del ragazzo bi-nome e dei suoi cari da parte di enti locali e dello Stato, ed in particolare di un Agenzia che dovrebbe avere “a cuore”, indistintamente, la situazione economico-finanziaria di tutti i cittadini.
Tuttavia il “signorino” ed i suoi cari furono “gli eletti” di quella Agenzia che provvide ad osservarli attentamente da vicino ed a poco o niente valse ricorrere a notai, tecnici legali e commerciali, in quanto anche in un pagliaio può nascondersi uno spillo;
in ogni carta gli assidui Agenti trovarono un cavillo e poiché, come dice un vecchio detto, “tra gli articoli di Legge non vi è il permesso di ignorare”, fu tempo di pagare.
Purtroppo l’orologio degli uffici che dovevano riscuotere si fermò e così “qualcuno”, a torto od a ragione, pensò di imitare un vecchio film, “La Storia Infinita”, cambiando trama e soprattutto attori, dando rilevanza al “signorino” ed ai suoi cari.
Ma negli uffici sopra esposti orbitava un galant’uomo che pareva avulso dal contesto;
costui, constati gli accadimenti, ritenuti sufficienti i pagamenti, ritenne opportuno di cambiare l’ora e decise che fosse quella di farla finita.
Per molto tempo il “signorino” ed i suoi cari vissero in pace e contenti.
Ma la madre del ragazzo bi-nome, dopo aver visto per vari anni il figlio “signorino” vivere una sorta di “pensione priva di stipendio”, cominciò giustamente a batter piedi affinché il figlio provvedesse a collocarsi in qualche dove.
Anche se non si dovrebbe dire, quella madre Gran Guerriera, non capiva:
se prima era difficile che si aprisse qualche porta, ora che si era compiuto “cotanto affronto” nei confronti di “Chi del Potere acquisito, forse non meritato, fa libero arbitrio” (altro termine per definire i “Grandi Illuminati”), sarebbe stato impossibile persino intravedere uno spiraglio.
Essendo precluse le altre vie il “signorino”, pensò di ritornare su quegli antichi passi, che il nonno ormai estinto gli aveva più volte consigliato e che lui non intraprese, non per timore, come era sembrato, ma per “tecnico impedimento”.
Messi in moto vari meccanismi, emersero, “casualmente”, attestazioni “gelosamente custodite” presso un Ente dello Stato, capaci di render nullo quell’impedimento.
Che “destino beffardo”, considerato che in un’epoca ormai remota, il nonno ed il padre del “signorino” avrebbero potuto supportarlo nella sua impresa, arginando con la forza di chi ama, la prepotenza di Esseri più o meno Illuminati” ai quali ogni inchino par dovuto.
Ma la vita continua!?
Ricomincia dunque l’avventura con il “signorino” imprenditore, ma soprattutto tecnico di valore che qualcuno, anche tra gli “Illuminati”, non potè fare a meno di apprezzare.
Purtroppo un giorno il “signorino” intravide tra le soglie di un palazzo comunale un pentolaio che con fare tecnico sembrava svolgere un’opera che, per legge, non gli avrebbe dovuto essere familiare;
Ricco di carattere, il ragazzo bi-nome cominciò a destra e manca a chiedere lumi.
Si alternarono in risposte articolate vari “Illuminati”, che grazie al loro “spirito elevato”, erano certi di aver la meglio sul misero “profano”, (termine per indicare chi purtroppo o per fortuna è fuori da ogni Tempio), il quale, dopo un primo stordimento, ripensò un attimo al passato e perse il lume della ragione.
Iniziò così un’altra battaglia contro “forze occulte”, (termine analogo a “Grandi Illuminati”), che aderivano al Comune e contro un tecnico sedicente, in primis pentolaio, che ancor oggi non è dato di sapere se nel lavoro luccica di suo od è anch’egli “Illuminato”.
Rinacque la cultura in un piccolo paese, rinvigorita da scambi epistolari tra un Comune ed il “signorino”, che, coinvolse per lecito interesse, anche quel legale che, come detto in precedenza, di sole aveva avuto sembianza e consistenza.
Tuttavia la madre del ragazzo bi-nome, fin qui Attiva Guerriera, forse defessa ed obnubilata dai trascorsi, consigliò la tregua.
E fu la fine per il capace “signorino” imprenditore, in primis tecnico, dall’impianto ad il motore, passando per il televisore.
Ritenendo, forse con ragione, che qualche male fosse stato fatto, vari personaggi che qualcosa avevano in Comune, tentarono di rampicarsi d’ogni dove, graffiando vari specchi;
ma come in genere si dice, ogni “Illuminato” ama suo “Fratello” e tra una Camera ed uno Studio Commerciale, il bravo pentolaio trovò il modo di “elevarsi” a “tecnico speciale”, cui ogni opera fu concessa, dal filo al lampadario e persino l’impianto del vivaio.
Potè così mostrarsi in piena luce il “matrimonio” tra il Comune ed il pentolaio.
Ciò convinse taluni “Illuminati” che era tempo di riscossa e che al “signorino”, già umiliato pur nel pieno di ragione, qualche torto ancora era da fare.
Fu così che in un periodo di ferie si recarono alla casa del ragazzo bi-nome e dei suoi cari due Agenti di Foresta che, forse caldamente invitati da “Bravi Illuminati”, con parola ben forbita, accusarono suo fratello di un misfatto ancora da appurare.
Il “signorino”, per senso di Legge e di Giustizia chiese ai due agenti di mostrare il lecito permesso per entrare e controllare, ma a niente valse il domandare e nella sua casa si trovò i due a comandare.
Preso dalla rabbia il ragazzo bi-nome provò a chiamare il gran legale che tanto per lui ed i suoi cari aveva saputo fare, ma in sua assenza, del consiglio di un altro si dovette accontentare.
Passarono ore ed al momento di rinunciare le guardie fecero promessa al “signorino” che avrebbe pagato per il suo fervente rimostrare e cosa che solo certi “Illuminati” sanno fare, si costruì un castello di bugie per raggiungere lo scopo.
Ma giunse l’indomani e con l’intervento del gran legale emersero le menzogne e le versioni delle guardie finirono per vacillare.
L’incubo pareva terminato, ma per gli “Illuminati” il “momento di rivalsa” era appena cominciato.
In un giorno fortunato in cui il lavoro non era mancato, il “signorino” imprenditore, nell’apprestarsi ad andare via, dimenticò sul bordo di una strada i suoi attrezzi di mestiere in una semplice valigia;
trascorsi imprecisabili minuti si recò a casa del medesimo ragazzo un “Grande Illuminato”, che aveva proceduto contromano con la sua bella autovettura, per condurre in tale luogo due gendarmi, con in mano “notevoli elementi” per arrestare un “terrorista”.
Tutto il Paese era in allarme, grandi aree erano state recintate e controllate da tre, o forse quattro pattuglie armate ed intanto qualcuno parlava di elicotteri di artificieri che stavano per arrivare;
ma quanto stupore nel constatare che in quella fatidica valigia vi era solo attrezzatura per lavorare.
Tuttavia i gendarmi non si potevano scusare e preferirono informare che sui bordi di una strada una valigia non si deve mai scordare;
d’altronde il “Grande Illuminato”, sicuramente necessario “per indicare la via” ai suoi seguaci non si poteva denunciare per il falso allarme che era andato a procurare, tante volte qualche Giudice, non “Illuminato”, lo avesse fatto condannare.
Ed ancora quanta rabbia pervase il “signorino” che avrebbe voluto nuovamente ricorrere al suo caro legale per chiedere Giustizia e per far sì che anche per gli “Intoccabili”, per gli “Illuminati”, od altri termini che preferite per definire chi è di loggia, giungesse l’ora di pagare.
Ma la madre del ragazzo bi-nome, sentendo le sue forze venir meno e temendo di non riuscire a contenere ben più gravi ritorsioni, memore di un antico poeta, consigliò: “non ti curar di loro, ma guarda e passa!”
Per il trambusto, forse “per caso”, o forse per gentile intercessione di “Chi nella Luce trova il vero della vita”, (altro termine per definire i “Grandi Illuminati”), la già nota Agenzia mal sopita si risvegliò.
Fu così che in un’estrazione il “signorino” fu di nuovo vincitore, premesso però il fatto che non c’era da incassare, ma di nuovo da pagare.
Forse non tutti sanno che in quell’Agenzia si fanno vari studi e fu quindi “per caso” che si prestò interesse al “signorino” ed in special modo al suo settore.
Convinto di far valere le sue valide ragioni, il ragazzo bi-nome si recò presso quegli Uffici, dove Agenti forti di Diritto, forse in preda ad attimi di “Luce” gli imposero un dovere che se la verità ha una qualsiasi valenza, a lui di certo non era di spettanza.
Stretto nelle spalle e dal suo ente commerciale vivamente consigliato il ragazzo bi-nome subì con rabbia il gran sopruso, dietro vaga promessa che nel futuro gli sarebbe stato risparmiato un altro abuso.
Egli volle tuttavia comunicare al Mondo, per iscritto, quanto a lui accaduto, affinché “Qualcuno in Alto” riuscisse almeno a sentire e si adoperasse in altro modo per scovare quell’evasore, le più volte “Illuminato”, che tanto guadagna nel lavoro e si rallegra nel pagare solo per far quadrare lo studio di settore.
Nel frattempo il “signorino”, conscio che il tempo della sua impresa era finito, si era impegnato in studio e formazione, per rendere intellettuale la sua nuova professione.
Nella sua “profana ingenuità” il ragazzo bi-nome pensava di potere, con indigestione di cultura, assurgere a “nuova vita” e godere di “nuova musica”;
ma quanta tristezza vi fu nel constatare che i “musicisti” erano ancora gli stessi, sempre, comunque ed ancora “Illuminati”.
Ciò che però rattristò maggiormente il “signorino” fu un’ennesima “lotteria” che lo vide di nuovo protagonista presso la più volte menzionata Agenzia.
Eh sì, era ancora tra gli eletti estratti per pagare il non dovuto.
Ma questa volta il ragazzo bi-nome si avvalse di tecnici legali-commerciali che promisero a basso costo di portare elevati risultati e così parve.
Purtroppo dopo qualche tempo il “signorino” ebbe modo di constatare che così non era stato e soprattutto di capire che solo il solare avvocato avrebbe potuto per sua mano o per l’altrui contenere l’abuso dell’erario.
E seguirono altri fatti, mentre per i fin qui citati ad onor del vero, si lascia, a chi vuol leggere, piena facoltà di intravedervi il caso, la sfortuna o l’assiduo impegno di altruisti.
Anticipo del finale:
Per soddisfare i più curiosi, sperando di non arrecar danno a chi vorrebbe godere la fine della storia al suo momento e soprattutto lungi dal voler esser cagione, per le “presunte” verità, di qualche indignazione ed ancor peggio di mirata ritorsione, si fornisce di seguito l’anteprima della conclusione:
Si giunse dunque ad oltre mezza vita, con il “signorino” ancora intento a cercar quiete e soprattutto un luogo libero da “Società Segrete”.
Intronato dagli eventi, dovuti “forse al caso” o ad “Illuminati” intraprendenti, il soggetto principale era tornato un po’ bambino e sognava un mondo senza “Logge”, “Strani Architetti” e “Muratorie”, termini e concetti che, “per suo buonismo”, avrebbero dovuto sopravvivere solo in enciclopedie e libri di storia, sotto la voce “Illuminismo”.
Immaginava quindi una società fantastica, in cui fossero banditi clientelismo e prostrazione, forse “valori di eccezione di certe Affiliazioni”, così che, in verità, capacità e professionalità potessero esprimersi in piena libertà, concedendo ad ognuno i posti meritati e soprattutto in cui bastassero la scuola ed i lampioni a rendere gli esseri umani “Illuminati”.
Vate La Pesca
31 Gennaio 2018 @ 22:19
04:07:22, sembra un giovane Battiato… è lui?