Kempis. La gelosia.
Pace a voi.
Ben difficilmente i moti dell’animo umano comuni e noti sfuggono alla definizione di buono o cattivo e, conseguentemente, al teorico “si deve avere” o “non si deve avere”.
Così, per esempio, la gelosia, che è quel disappunto o quel dispiacere che certi uomini – quasi tutti – provano quando la persona che loro interessa rivolge la sua attenzione, il suo interessamento ad altri, è universalmente definito non nobilitante e riprovevole. Una catalogazione così drastica non tiene conto che tutto è relativo. Ed anche la gelosia, unanimemente ritenuta negativa, se raffrontata ad altri moti dell’animo umano che sgorgano da realtà interiori di maggiore chiusura verso il proprio prossimo, può appalesarsi al confronto augurabile e nobilitante.
Vita animale e vita vegetale. Raffronto con gli esseri umani.
La scala di apertura e di disponibilità di se stessi verso gli altri ha il suo inizio – il suo punto zero – in un essere che gli altri non immagina nemmeno che esistano.
E’ il caso degli individui che sono legati allo stadio di vita vegetale. La vita di quegli esseri è una vita in cui la massima espressione di coscienza si chiama “sensazione”.
Nello stadio di vita animale, invece, v’è un’apertura, una disponibilità, ma solo fino al punto che l’atomo di “sentire” che quelle vite racchiudono può dare.
Sul piano pratico questo si concretizza e significa disponibilità verso gli individui, o almeno verso certi individui della propria specie.
E’ vero che a volte questa disponibilità, se raffrontata a quella che hanno certi uomini che vivono nelle civiltà avanzate diventa sublime. Però è anche vero che il raffronto non tiene conto del fatto che l’animale non ha il senso dell’io come lo ha l’uomo, e che quindi mancando quel grandissimo stimolo alla supremazia sugli altri che, appunto, è l’io, diventa più facile prestarsi o addirittura donarsi.
Certo sul piano pratico e degli effetti è preferibile un animale buono o generoso ad un uomo egoista e crudele, ma si dà il caso che la ragione per cui esiste la vita non è quella di costruire all’esterno degli individui, ma quella di arricchire di “sentire” l’intimo di ognuno; non è quella di insegnare un atteggiamento, un comportamento esteriore ma quella di dare un’intima natura; non è quella di creare le condizioni esterne favorevoli affinché ognuno sia buono e si comporti bene, ma quella di dare un intimo “sentire” di disponibilità e di amore verso gli altri esseri, tale da sussistere ed estrinsecarsi anche nelle difficoltà che più imperiosamente si frappongano.
Vari tipi di gelosia
Nella definizione della gelosia come dispiacere che si prova allorquando la persona che interessa rivolge la sua attenzione ad altri, rientrano tutti i tipi di gelosia: da quella d’amore a quella di rivalità nella vita che si prova, per esempio, quando nella propria professione altri riscuotono le preferenze che si sono avute o che si vorrebbero avere. Ma la gelosia che in un certo senso riscatta il geloso è la gelosia d’amore.
Sissignori; perché chi prova quella gelosia in qualche modo ama, anche se limitatamente ed egoisticamente. Ed è più vicino all’amore sublime di chi non ami affatto.
Attenzione però: perché a volte quella che sembra gelosia d’amore è solo ansiosa vigilanza che non venga violato il diritto di possesso che si crede di poter vantare circa una o più persone.
Ed in ciò sicuramente non c’è amore.
Certo la trasformazione dell’intimo dell’uomo avviene in progressione graduale e sfumata che quasi neppure il diretto interessato se ne accorge; per cui dall’esterno non è possibile capire, per esempio, la vera radice della gelosia.
La trasformazione dell’intimo dell’individuo – altrimenti detta evoluzione – non è che una successione di “sentire” sempre meno limitati e questo è possibile solo attraverso alla caduta delle limitazioni individuali. Che cosa siano le limitazioni si capisce tenendo presenti quali sono gli effetti del “sentire” illimitato e cioè: la cosciente comunione col Tutto, la plenitudine assoluta, la scoperta della propria vera identità nella identificazione con l’Essere Assoluto in cui è spenta ogni separatività.
Perciò tutto quanto fa di ognuno un essere separato, distinto, che fa sentire in termini di io e non io è limitazione; e la caduta graduale delle limitazioni corrisponde a sempre maggiore apertura, disponibilità, slancio, amore verso ciò e chi si ritiene non io. Infatti un essere massimamente limitato è un essere che vive tutto ricompreso in se stesso, e più che essere al centro del mondo come l’egoista, egli stesso è tutto il mondo, non dico che può concepire, ma che può “sentire”. Tali sono gli individui del mondo vegetale. A mano a mano che gli altri acquistano interesse, cioè nel regno animale, comincia a prospettarsi e prepararsi la caduta delle limitazioni; e quando l’interesse per gli altri non è dettato solo da ciò che può da essi venire, cioè nel regno umano, la caduta delle limitazioni è in atto. Perciò un essere geloso d’amore è un essere che in qualche modo, amando, è meno limitato di chi non ama affatto; è un essere che è già avanzato nel processo di caduta delle limitazioni.
La gelosia d’amore.
Certo anche la gelosia d’amore conosce sfumature diverse: è più o meno rarefatta a seconda che sia più o meno egoistica e possessiva.
La forma più sublime di gelosia è quella che rimane nascosta, non manifestata all’essere amato, ed è una gelosia che finisce col divorare se stessa e liberare un amore più puro.
Sì, perché voi che amate con gelosia tenete presente che la gelosia d’amore è un sentimento che è meno peggiore del pessimo, tuttavia denota un amore che non è migliore, non dico in assoluto, ma nemmeno del più puro che può provare un essere limitato come è l’uomo.
Certo, piuttosto che non amare amate con gelosia; ma domandatevi che senso abbia essere gelosi, specialmente se questo vi costa in angoscia, se distrugge il vostro equilibrio e la vostra serenità.
Cosa vorreste, la fedeltà dell’amato?
La fedeltà è un dono.
La fedeltà è un dono non un vizio. E’ qualcosa che si può solo ricevere e non richiedere.
Perché se anche si riuscisse a imporre la fedeltà del corpo, rimarrebbe il pensiero; e si può imprigionare e soffocare il pensiero?
Cosa vorreste, l’esclusività dell’attenzione e dell’amore di chi amate?
Ma l’amore è un “sentire”, non un comportamento.
Se non c’è non si può richiedere, non si può pretendere. E poi, qual’è la sorte che attende ogni essere della molteplicità se non un unione, una comunione amorosa, una fusione di “sentire” in cui ognuno è compartecipe di un sol Tutto inscindibile, di un solo amore?
In cui l’amore non isola, ma tutto comprende?
E come potete pensare che il vero amore, il vero amante possa dare il suo amore ad un solo essere? Forse che il Santo ama uno e non gli altri? Forse che il suo amore diminuisce a mano a mano che i suoi seguaci aumentano perché distribuito, diviso fra più amati quasi fosse una quantità materiale?
Già vi vedo, o libertini, servirvi di queste parole per giustificare le vostre avventure, il vostro desiderio di conquista. Abbiate l’onestà di non nascondervi dietro a scuse e pretesti; di riconoscere che il vostro non è amore per più persone ma ricerca di nuove sensazioni. In verità vi dico che è migliore di voi chi vi ama con gelosia perché almeno ama, mentre voi, forse, non amate affatto.
Amore e tradimento fisico.
Certo, come ho detto, si possono amare nel vero senso tante, tantissime persone; ma ciò non vuole dire che con ognuna l’amore includa il corpo fisico. Pure se è vero che anche l’amore più etereo pervade tutto l’essere in ogni sua parte costituente, non escluso il corpo fisico; pure se è vero che anche l’amore più sublime può trovare col corpo fisico un suggello degno della sua nobiltà.
Sì, miei cari, sono qui per scandalizzarvi, per provocarvi, dicendovi che la sessualità, non il vizio, non è quello spauracchio, quella minaccia che è stata considerata da quelli che cavalcavano la via dello Spirito. La sessualità, non il vizio, che è conseguenza di un amore vero e perciò spirituale non è un ostacolo per chi voglia elevarsi dalla condizione esclusivamente sensuale e materiale.
La castità
La castità è stata imposta per misurare, esercitare la volontà e la determinazione di chi voleva calcare il sentiero, non altro. Certo anche la sola e pura sessualità può diventare uno strumento di offesa, di male, ma ciò non significa che in se essa sia offesa e male.
Come tutte le cose che attengono ad una condizione essa è naturale e necessaria, perché – ripeto – non deve diventare scopo della vita.
Se la castità forzata non fosse misura della volontà e della determinazione di chi ha fatto una certa scelta, sarebbe veramente solo negativa. Se non servisse ad esercitare e sviluppare l’autocontrollo di chi vuol mantenersi casto in vista di un fine da raggiungere sarebbe da rifuggire, perché generalmente provoca uno squilibrio interiore assai più dannoso, anche spiritualmente, dell’atto sessuale. Se il fine della castità è quello di raggiungere la padronanza dei propri impulsi, vi assicuro che quando il mantenersi casti è raggiunto con una autoimposizione che fa violenza a se stessi, al massimo l’unico impulso che si riesce a controllare è quello sessuale, perché tutti gli altri si scatenano in modo da fare dell’individuo un casto sì, ma nevrotico, crudele e inumano.
Qualunque genere di autocontrollo tenuto con fatica traumatizzante, distruggendo l’equilibrio interiore impedisce quella unione armoniosa dei propri corpi necessaria al manifestarsi del fluire divino. Tenetelo presente voi che aspirate alla manifestazione dello Spirito.
L’autocontrollo deve essere spontaneo e naturale perché tutto ciò che traumatizza impedisce la manifestazione di “sentire” più ampi. In taluni casi, ma non in quelli in cui il trauma è provocato dalla violenza a se stessi, l’esperienza traumatica può aprire la strada alla manifestazione del più ampio “sentire. Tuttavia ciò avviene a posteriori ossia quando l’esperienza è superata, almeno nella sua parte traumatizzante. Allora, nella calma che segue alla tempesta, sboccia un nuovo “sentire” più ampio, perché liberato da quelle limitazioni che sono cadute con l’assimilazione di una esperienza.
Mai, in assoluto, nel momento in cui non si è in equilibrio sboccia il fiore della comprensione.
Cercate perciò il dominio di voi stessi per raggiungere l’equilibrio, perché la padronanza di sè è un mezzo, qualcosa che rende più efficiente chi la possiede; non è un fine, una mèta che si debba raggiungere a qualunque costo, anche a costo di violentare se stessi. L’autocontrollo che distrugge l’equilibrio interiore è un autocontrollo che fallisce lo scopo, la ragione della sua esistenza.
Via dello spirito e autocontrollo
Vi sono delle discipline che insegnano a controllarsi, a rilassarsi, e al tempo stesso illustrano secondo schematizzazioni diverse la struttura dell’uomo in modo che conoscendo la propria costituzione ciascuno sia facilitato nel rendersi consapevole delle proprie reazioni, dei propri impulsi. Queste discipline sono utili e da seguirsi nella misura in cui si limitano a promettere solo tutto ciò.
Quando invece promettono progressi nella via dello Spirito o – peggio ancora – acquisizione artificiale di poteri paranormali, diventano deleterie. Tuttavia esse discipline rimarrebbero inoffensive se non vi fossero degli ignari che le seguissero. Perciò mi rivolgo a voi, cultori delle discipline che promettono conquiste spirituali attraverso a comportamenti irraggiungibili, così se le conquiste non arrivano la colpa è vostra; mi rivolgo a voi per dirvi: «Non perdetevi in riti unicamente formali, non occorre perseguire privazioni inumane; se non siete pigri, se non siete degli intemperanti, se siete uomini di buona volontà, avete già tutto quello che quelle discipline al massimo possono donarvi».
Le conquiste spirituali non si conquistano affatto; non sono una mèta da raggiungere. Certo in nome di esse si possono costruire chiese, inventare gerarchie e scuole, ma sono tutti pretesti per creare posizioni di preminenza sugli altri, per riscuotere considerazione e sottoposizione da chi quelle autorità riconosca. La così detta via dello Spirito, che poi è un “sentire” non si impara, non si raggiunge con la gestualità e con la ritualità; perciò se seguite qualche disciplina per trovare chiarezza in voi ed accrescere la vostra comprensione – e non è poco – se lo fate per raggiungere il dominio di voi stessi, una maggiore efficienza, e se mirate a tutto questo per meglio aiutare chi volete aiutare – e vi auguro che siano tutti quelli che hanno bisogno di aiuto – allora avete la nostra benedizione.
Ma se lo fate per aggiungere una medaglia al vostro medagliere sperando di crescere spiritualmente, allora disilludetevi: è tempo perso. Certo, se non avete nulla da fare, se volete occupare le ore libere, non c’è miglior passatempo che dedicarsi a quelle discipline che promettono distensione, equilibrio fisico e psichico; piuttosto che stare in ozio dedicatevi a qualcosa che sia corroborante, che in qualche senso vi giovi. Ma non illudetevi che quel “sentire” che fa di chi lo trova un essere nuovo, si raggiunga con esercizi e riti. Se poi mirate a raggiungere dei poteri psichici, o infelici, siate consapevoli che disporre di essi prima che l’evoluzione li manifesti spontaneamente, è come dare ad un fanciullo la sessualità di un adulto: è dare qualcosa che lo divora, lo distrugge nel corpo e nella psiche. Perciò guardatevi bene da una tale pratica che anziché rendervi più potenti farà di voi delle larve; guardatevi anche da chi vi promette poteri e conquiste dello Spirito perché certamente vuole catturarvi per un suo fine che può essere anche solo quello di avere dei proseliti.
Come l’uomo impara ad agire, a dare agli altri attraverso al pensiero di ciò che può venirgliene, così coloro che promettono ricompense divine a chi li segue vogliono sedurre e catturare attraverso alla promessa di un vantaggio. In verità vi dico che la ricompensa maggiore l’ha chi promette di dare e chi crede di avere, in effetti dà solamente. E come l’agire non deve essere ispirato dalla ricompensa così il “sentire” che riscatta l’uomo dalla condizione in cui si trova si manifesta quando non lo si persegue, quando si vive rettamente senza sperare ricompense. Se avete tempo libero, se volete fare qualcosa che non sia solo vuota distrazione – pure necessaria nella giusta misura – allora la migliore disciplina è quella di rendervi utili agli altri in qualunque modo, senza aspettarvi alcuna ricompensa, nemmeno la riconoscenza. E vedrete che le forze spese in questo senso vi doneranno distensione, equilibrio, appagamento!
Ahimé, anch’io sto promettendovi qualcosa perciò è meglio che mi taccia.
Pace a voi.
Kempis