Paolo Franceschetti, Ambra Guerrucci
L’amore non è un sentimento o, come dice qualcuno, un’arte, ma uno stato dell’essere, per cui ci si identifica con l’altro, sentendolo, e promovendo il suo bene senza distinguerlo dal nostro, riconoscendo l’altro come parte di sé.
E’ più esattamente uno “stato di coscienza”.
A seconda dello stato di coscienza raggiunto e del suo campo di azione, si potrà amare una persona, o più, o tutte, o alcune in modo diverso dalle altre; c’è chi amerà più gli animali, chi le cose, chi niente e chi tutto.
Il primo presupposto dell’amore è quindi il sentire l’altro, sentirlo tanto da perdere i confini tra sé e l’altro, tanto da sentire quando i suoi desideri non combaciano con i nostri, e tanto da sentire quando è il momento di lasciarlo andare perché il suo bene non coincide più con lo stare accanto a noi.
L’amore è quindi tutt’altro che un sentimento, o un’attitudine, o un orientamento di carattere, come scrive Fromm (pag. 68); spesso ciò che “sentiamo per l’altro” è qualcosa di ben diverso: attrazione, possesso, desiderio di colmare i propri vuoti e molto altro, ma sono sentimenti che “sentiamo” per noi stessi, e che non presuppongono il “sentire l’altro”. In altre parole, la maggior parte di noi non sente davvero l’altro, ma solo quello che vuole dall’altro, il che è ben diverso.
Si sente ripetere spesso che l’amore è la forza più potente dell’universo, perché solo con l’amore si acquista la forza di muovere le proprie energie con una forza e in direzioni che altrimenti in condizioni normali non si sarebbe acquisita.
Alcuni esempi chiariranno meglio il concetto.
Il cane ama l’uomo incondizionatamente perché lo sente come parte di se stesso; ecco perché si può sacrificare fino a morire per il proprio padrone, perché ne assorbe i problemi
somatizzandoli. Non a caso l’amore del cane per il proprio padrone è spesso citato come l’esempio più tipico di amore incondizionato e puro.
somatizzandoli. Non a caso l’amore del cane per il proprio padrone è spesso citato come l’esempio più tipico di amore incondizionato e puro.
La madre ama il bambino e si identifica con lui, tanto da trovare una forza straordinaria per proteggerlo che non avrebbe avuto in condizioni normali.
Il partner viene a volte visto come una parte di sé, ci si identifica con l’altro, tanto da uscirne distrutti con la separazione.
Questo concetto di amore è rinvenibile nelle scritture buddiste e cristiane con chiarezza. Il buddhismo parla di compassione (da cum pathos, soffrire con, identificarsi con); nei Vangeli c’è scritto “ama il prossimo tuo come te stesso”, che significa anche “arriva fino al punto da sentire che l’altro è parte di te, che tu non sei separato dall’altro”.
In tal senso Cristo e Buddha sono i due esempi di amore perfetto incarnato nell’uomo, perché amavano incondizionatamente chiunque, e riuscivano a sentire l’altro così profondamente da immedesimarsi in lui. Il buddhismo, in particolare, parla di sviluppare la compassione per tutti gli esseri viventi.
Si possono amare non solo persone, ma animali, piante, cose… in generale, le più grandi opere d’arte, i più grandi prodotti nascono dall’amore incondizionato di una persona per il
proprio lavoro, che si identifica con l’oggetto di esso; pensiamo all’amore di un bravo stilista per i vestiti che disegna, ma anche all’amore di un progettista per alcune auto o moto, che rappresentano dei capolavori. Una delle auto di serie più care al mondo è la Pagani, che costa oltre un milione di euro; in essa c’è tutto l’amore del proprietario, Horacio Pagani, per l’auto che costruisce, in una sorta di identificazione totale, tanto che chi guida
quest’auto afferma di guidarla sentendo l’anima del costruttore accanto a sé.
Guidando un’Harley Davidson si riesce a percepire tutto l’amore dei progettisti verso quel tipo di moto, il che le rende così diverse e uniche, con un’anima, rispetto ad altre moto più tecnicamente perfette, magari, ma disegnate al computer con freddi calcoli e senza passione.
proprio lavoro, che si identifica con l’oggetto di esso; pensiamo all’amore di un bravo stilista per i vestiti che disegna, ma anche all’amore di un progettista per alcune auto o moto, che rappresentano dei capolavori. Una delle auto di serie più care al mondo è la Pagani, che costa oltre un milione di euro; in essa c’è tutto l’amore del proprietario, Horacio Pagani, per l’auto che costruisce, in una sorta di identificazione totale, tanto che chi guida
quest’auto afferma di guidarla sentendo l’anima del costruttore accanto a sé.
Guidando un’Harley Davidson si riesce a percepire tutto l’amore dei progettisti verso quel tipo di moto, il che le rende così diverse e uniche, con un’anima, rispetto ad altre moto più tecnicamente perfette, magari, ma disegnate al computer con freddi calcoli e senza passione.
Alcune persone poi riescono ad amare solo oggetti o animali, e meno le persone.
Il primo presupposto per amare veramente un’altra persona è sviluppare l’amore per se stessi, cioè sviluppare quelle qualità e sentimenti che rendono la persona indipendente, bastante a se stessa, e forte abbastanza da non dipendere dall’altro.
Sviluppare l’amore per l’altro senza quello per se stessi significa inevitabilmente annullarsi nell’altro, perdersi, e, se questa identificazione avviene con una persona distruttiva e autodistruttiva, porta alla distruzione di se stessi.
Sviluppare invece l’amore per l’altro dopo aver sviluppato quello per se stessi, significa poterlo amare meglio, con più forza, e iniziare una vera e propria danza con l’altro, per raggiungere vette più alte di felicità.
Qualora la persona (come nella stragrande maggioranza dei casi) abbia dei vuoti da colmare, o dei blocchi o meccanismi che gli impediscono di sviluppare le sue potenzialità, delle parti di sé non risolte, finirà inevitabilmente per trovare nell’altro qualcuno che gli riempia questi vuoti; finirà, cioè, per vedere nell’altro “l’altra metà di se stesso” sentendosi incompleto senza l’altro.
Colui che non ama per niente se stesso, come il narcisista, finirà poi per distruggere il partner, o renderlo un oggetto da esibire, scelto quindi con cura per i soli attributi esterni da esibire come accessorio di se stesso (bellezza, ricchezza, eleganza, status sociale, ecc.).
Quando cerchiamo Amore negli altri saremo destinati a soffrire, poiché basando la nostra felicità su un altro essere vivente esattamente come noi, con i nostri stessi problemi e tutte le fragilità che essi comportano, creiamo una situazione con un’instabilità intrinseca.
Dipendere da un’altra persona significa perdere del tutto il proprio potere personale, limitare la propria libertà, e se le strade si dividono rischiamo di sentirci crollare il Mondo addosso, poiché abbiamo impiegato tempo ed energie a costruire un castello di sabbia sul battito del mare, dove l’onda del tempo ha distrutto ciò che eravamo faticosamente riusciti ad ottenere. In questo senso dobbiamo comprendere che noi stessi siamo l’unica realtà eterna; certo, un giorno conosceremo la morte, ma a prescindere da cosa accadrà sappiamo che fino ad allora ci saremo sempre per noi stessi.
Dipendere da un’altra persona significa perdere del tutto il proprio potere personale, limitare la propria libertà, e se le strade si dividono rischiamo di sentirci crollare il Mondo addosso, poiché abbiamo impiegato tempo ed energie a costruire un castello di sabbia sul battito del mare, dove l’onda del tempo ha distrutto ciò che eravamo faticosamente riusciti ad ottenere. In questo senso dobbiamo comprendere che noi stessi siamo l’unica realtà eterna; certo, un giorno conosceremo la morte, ma a prescindere da cosa accadrà sappiamo che fino ad allora ci saremo sempre per noi stessi.
Per questo è importante conoscerci e lavorare su di sé, impegnandoci a cercare in noi l’Amore, e quando la Mente tace l’Amore semplicemente accade.
L’amore per l’altro poi talvolta può andare in conflitto con quello per se stessi. E’ qui che l’amore si trasforma in quella danza di due anime, in cui si tratta di armonizzare il proprio sé con quello dell’altro, senza privare l’altro della sua libertà, ma senza rinunciare alla propria.
Il problema più grosso dell’essere umano in amore da sempre è il tradimento (in qualsiasi forma, sessuale, mentale, psicologico).
Il tradimento avviene quando si fa prevalere il sentire se stessi trascurando quello dell’altro, pur sapendo che l’altro starà male col nostro comportamento; si può quindi tradire andando a letto con un altro, o alzando la voce e insultandolo sapendo che l’altro non sopporta la violenza verbale, confidando ad altri segreti che lui non vuole siano confidati, o anche semplicemente utilizzando di nascosto un oggetto che l’altro non vuole sia utilizzato (tanto in questo momento lui non vede).
E ci si sente traditi quando non ci si sente “sentiti” dall’altro, perché l’altro, pur sapendo che ci fa del male, mette in atto comportamenti che ci fanno star male.
Ma il sentirsi traditi dal partner è un sentimento che si prova quando facciamo prevalere il nostro sentire su quello dell’altro, senza comprendere a fondo le motivazioni che l’hanno portato a quel tradimento. E anche quello può essere un tradimento.
Si innesca a questo punto una sorta di danza di anime, in cui la domanda è: tradisce più il partner che attua il comportamento sgradito, o il partner che pretende dall’altro un comportamento non conforme al suo essere?
Tradisce di più colui che pretende che l’altro non frequenti più l’amico, l’ex, o la persona X, o colui che la frequenta di nascosto? Tradisce di più l’altro colui che pretende che l’altro abbandoni la sua passione per un dato sport, o colui che praticherà questo sport di nascosto pur sapendo che l’altro ci rimarrebbe male? Tradisce di più colui che va a letto con un’altra persona, o colui che pretende che costui non ci vada? Se uno dei partner per qualsiasi motivo (di salute, religioso, o altro) vorrebbe la castità, tradisce di più colui che pretende che il partner si conceda sessualmente anche se non vuole, o colui che non fa alcuno sforzo per volere?
Per fare esempi più specifici. Se una donna si fidanza con Rocco Siffredi pretendendo che costui passi alla castità dopo una vita di sessualità sfrenata, il tradimento maggiore è perpetrato da Rocco Siffredi che pretenda di continuare a fare la vita di sempre, o dalla donna che pretenda di relegarlo ad una vita casta?
Un conflitto tipico lo ritrovo nelle coppie vegane (ben descritto nel divertentissimo libro “Ho sposato una vegana”). Se uno è vegano e l’altro no, tradisce di più il partner che si mangia di nascosto un kebab, o colui che vuole imporre all’altro di non mangiarlo?
La risposta, finché la coppia rimane insieme, è che nessuno ha tradito nessuno; semplicemente, ciascuno ha visto nell’altro un riflesso di se stesso e legge come tradimento ciò che l’altro gli rimanda dell’immagine di sé.
Da un altro punto di vista, possiamo dire che entrambi tradiscono l’altro, perché sentono solo loro stessi. Il partner traditore sente se stesso, facendo prevalere il sentire se stesso sul sentire dell’altro; il partner tradito sente se stesso, smettendo di sentire l’altro.
Da un certo punto di vista, quindi, nel tradimento si hanno sempre, in realtà, due tradimenti reciproci.
Da un altro punto di vista, possiamo dire che entrambi tradiscono l’altro, perché sentono solo loro stessi. Il partner traditore sente se stesso, facendo prevalere il sentire se stesso sul sentire dell’altro; il partner tradito sente se stesso, smettendo di sentire l’altro.
Da un certo punto di vista, quindi, nel tradimento si hanno sempre, in realtà, due tradimenti reciproci.
La risposta al tradimento, più che lasciare l’altro perché ha ferito noi stessi, sarebbe quella di “sentire” l’altro. Il che non equivale ad accettare tutto ciò che l’altro ci fa, ma equivale invece a capire come sia possibile permettere all’altro di essere se stesso, senza rinunciare a noi; talvolta la scelta può essere quella di una volontaria rinuncia a qualcosa di se stessi, ma anche l’allontanamento, se non è possibile proseguire la danza insieme.
Ma, in generale, se si sente veramente l’altro, sparisce proprio il concetto di tradimento e il sentimento negativo che lo accompagna, per il semplice fatto che sentendo le motivazioni
dell’altro, si sente, semplicemente, che l’altro non avrebbe potuto comportarsi diversamente da come si è comportato; e si riconosce che il comportamento dell’altro è perfetto così come è.
dell’altro, si sente, semplicemente, che l’altro non avrebbe potuto comportarsi diversamente da come si è comportato; e si riconosce che il comportamento dell’altro è perfetto così come è.
Scrive Massimo Scaligero che l’impulso al tradimento è inevitabile per tutti; e si può evitare solo dedicandosi all’altrui essere, che si attua come “capacità di amare come se stessi qualsiasi creatura umana” (in realtà il suo discorso era più ampio, ed era riferito alla via della spiritualità, che non può esistere senza l’amare il prossimo come noi stessi).
Ne consegue che amare significa riconoscere nell’altro la perfezione cosi come è, perché solo sentendo l’altro davvero si riescono a capire le motivazioni che lo spingono, le radici profonde di alcuni suoi tratti della personalità, e possiamo quindi danzare con esso, fondendoci con lui.
Finché si sta con l’altro tentando di cambiarne i difetti, inoltre, quello non è amore, ma un nostro egoistico desiderio di rendere l’altro conforme alle nostre aspettative.
Per questo motivo il dono più grande che si può fare all’altro, per amore, è la libertà di essere se stesso, perché spesso la libertà dell’altro cozza contro i nostri sentimenti, e allora lasciare l’altro libero è veramente un dono, un sacrificio di sé, il dare qualcosa all’altro privandosi di qualcosa che vorremmo per noi.
Da questo punto di vista si può dire che è tipico dell’essere umano essere incompleto e non riuscire ad amare veramente l’altro, a meno che non si riconosca l’altro per quello che è: lo
specchio della nostra vita segreta, come dice Peter Schellembaum, che ci mostra l’immagine di noi stessi su cui dobbiamo lavorare per poter diventare sempre più completi.
specchio della nostra vita segreta, come dice Peter Schellembaum, che ci mostra l’immagine di noi stessi su cui dobbiamo lavorare per poter diventare sempre più completi.
Il partner vegano dovrebbe riconoscere nell’altro lo specchio di se stesso e viceversa, e nel conflitto tra le parti si dovrebbe riconoscere nell’altro, semplicemente, la parte di noi stessi che neghiamo. Il partner violento dovrebbe riconoscere nell’altro una parte irrisolta di sé, e il partner che subisce altrettanto. Il partner che va a letto compulsivamente con altri, dovrebbe riconoscere nell’altro che tenta di riportarlo alla monogamia una parte di sé che gli fa da specchio; e quello monogamo dovrebbe riconoscere nell’altro traditore una tendenza che è anche dentro di lui.
L’amore umano, in definitiva, non è mai un vero amore, ma consiste nell’amare nell’altro il riflesso di noi stessi.
Nel “Libro magico” di Ramtha troviamo scritto: voi non amate mai realmente un’altra persona. Come potreste? Perché non sapete cosa c’è da amare in lei. Quello che le persone amano negli altri è ciò che vi vedono di loro stessi, perché questo fornisce un’identità più chiara della loro immagine. Nessuno conosce l’anima dell’altro. Conosciamo solo ciò che vediamo di noi stessi nell’altro.
Amare un altro individuo è amare i riflessi del sé.
In questo modo, quindi, l’essere umano non potrà mai sperimentare l’amore vero, nonostante tutto il parlare che se ne fa, semplicemente perché la sua caratteristica è quella di essere incompleto, e di avere come fine la tendenza a perfezionarsi.
Per concludere, c’è da domandarsi se non esista la possibilità di amare sempre di più, sia l’altro che noi stessi.
La risposta è che l’unica strada è il sentire l’altro (ma anche noi stessi), ascoltarlo senza filtri, giudizi, condanne, percepire le ragioni più nascoste del suo operato fino a scendere nelle profondità del suo essere; è in fondo quello che dice Fromm, che, nel suo “L’arte di amare”, scrive che “l’unico modo per conoscere profondamente un essere è l’atto di amare, e questo atto supera il pensiero e le parole”.
E’ quello che insegna Fausto Carotenuto, quando afferma che “solo amando davvero una cosa la si può conoscere davvero”.
L’attività fondamentale con cui si può arrivare a sentire l’altro è la meditazione; meditazione su se stessi, e meditazione sull’altro, cercando di sentire l’altro, ascoltarlo in profondità, andando oltre il velo dei nostri pregiudizi, delle nostre analisi, dei nostri filtri mentali e dei giudizi. Su questo, concordano tutti i maestri di tutti i tempi e i mistici di tutte le religioni, ed è sorprendentemente proposto anche da Fromm (pag. 145).
Quella del sentire l’altro è un attività che dovrebbe essere svolta non solo con il partner, ma anche con amici, parenti, colleghi, sconosciuti, fino ad estendere il sentire all’ambiente circostante, alle cose che ci circondano, perché più ci si identifica con l’altro, e lo si riconosce come non distinto da noi, più si può amare tutto incondizionatamente, arrivando ad avvicinarsi a percepire quell’amore assoluto che è solo del divino, della vita, o di Dio se si preferisce; per questo si dice anche che Dio è amore, perché Dio (non l’essere umano) riconosce l’altro perfetto cosi come è.
Noi, riconoscendoci imperfetti, vediamo imperfezioni ovunque, e il tentativo di riportare la realtà esterna a conformarsi alla nostra visione della vita, è solo un tentativo di raggiungere la perfezione da parte nostra, senza capire che la perfezione va raggiunta dentro noi stessi, non all’esterno. L’esterno è perfetto come è. E’ l’interno che deve essere
cambiato.
cambiato.
PS. In realtà noi amiamo sempre, perché la nostra vita è basata sull’amore. Solo che, per amare completamente e pienamente bisogna prima ripulirsi dalla spazzatura accumulata nei vari anni di vita, liberandoci dalle paure, dai meccanismi automatici e dai blocchi che ci impediscono una totale fioritura del nostro essere. Liberati dalla spazzatura emotiva, culturale e karmica accumulata, si può tornare ad amare, noi stessi e gli altri (Ambra Guerrucci).
Le citazioni di Fausto Carotenuto sono tratte dai suoi corsi e contenute nel mio libro “Alla ricerca di Dio, dalle religioni ai maestri contemporanei”, Risveglio edizioni.
Le citazioni di Ambra Guerrucci sono tratte da articoli già pubblicati in questo blog e dalle sue lezioni, e riportate nel libro nel libro “Alla ricerca di Dio, dalle religioni ai maestri contemporanei”, Risveglio edizioni.
Il brano di Scaligero è tratto dal blog di Piero Cammerinesi, dal post “Il tradimento”:
“Il libro magico” di Ramtha è edito da Macro edizioni.
Peter Schellembum ha scritto: “La ferita dei non amati” e “Il no in amore”.
adriana
29 Novembre 2016 @ 22:19
Ciao Paolo, grazie di aver condiviso questi stimolanti pensieri sull'amore. Mi permetto di esprimere un mio pensiero sull'amore per un figlio, e nel mio caso naturalmente è una esperienza soggettiva e felicemente vissuta. Confermo decisamente che questo tipo di amore è incondizionato, ma non la ritengo però una forma di identificazione, piuttosto un sentimento decisamente vivido di amore per un figlio, per " una parte di sè ". Comprendo benissimo che questa mia definizione potrebbe far rabbrividire coloro che promuovono libertà ed individualismo, ed emancipazione in tutti i sensi di ogni essere umano. Lo comprendo e lo condivido, e nonostante ciò però sottoscrivo che il legame intrinseco creatosi durante la gestazione tra i due esseri viventi, madre e figlio, trattandosi di una forma di vita temporaneamente unita nella separazione comunque presente, rende necessariamente i due legati indissolubilmente, a prescindere dall'illusorio trascorrere del tempo, ed è perciò espressione forse più pura e vicina alla realizzazione auspicata, da varie correnti metafisiche a scopo evolutivo, della riunione in " uno" della dualità del nostro mondo virtuale. Difatti la madre, pur sapendo di esserne fisicamente divisa, sente il figlio come una parte viva di sè, e questo perchè gli dà vita. Il nuovo essere da parte sua percepisce nella madre l'archetipo della fonte della vita, e la ama perchè riamato.Dunque lei ama dando vita, e lui ricevendola, lei si rigenera dando la vita, lui inizia un viaggio verso la morte nella percezione dello scorrere della vita.Ed entrambi a specchio vivono l'esperienza dell'altro. La dualità mi sembra presente, ma anche la riunione. E questa esperienza eccezionale accade tutti i giorni, in ogni istante, ad esseri di tutto il pianeta,…Personalmente credo che anche l'amore di un uomo per una donna, archetipicamente, sia in fondo dettato dal desiderio di ritornare non banalmente alla propria madre, ma bensì alla fonte della vita. L' amore profondo potrebbe dunque essere sempre espressione simbolica dello stesso accadimento, l'espressione della dualità, ma intesa come l'origine della vita e della morte, che originano da qualcosa di preesistente, verso cui tutti aneliamo ritornare.Questo naturalmente è solo il mio pensiero.
Anonimo
30 Novembre 2016 @ 19:04
Grazie
Anonimo
30 Novembre 2016 @ 19:05
Grazie
Elena
3 Settembre 2019 @ 15:59
Grande Paolo,
Molto interessante e di grande verità. Sicuramente andrò a comprarmi “Libro magico” di Ramtha.
Grazie!