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22 Comments

  1. Anonimo
    21 Gennaio 2008 @ 16:53

    Solange complimenti è molto interessante quello che hai scritto
    Volevo chiederti quale è la connessione tra la falange armata e la Uno Bianca e soprattutto tra la prima e la mafia visto che alcune stragi che hai citato sono di stampo mafioso…
    Grazie ciao

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  2. Solange Manfredi
    21 Gennaio 2008 @ 17:14

    Caro Anonimo,
    la connessione tra la falange armata e la banda della uno bianca è spiegata da Fabio Piselli nel suo articolo. Infatti vi è scritto che chi partecipava a questa “operazione” era gratificato, tra le altre cose, dal raggiungimento di una “sostanziale impunità… motivo per il quale ci sono state delle “smagliature” che successivamente sono state disattivate…la strumentalizzazione della magistratura è stata una delle risorse per disattivare una smagliatura, offrendo l’opportunità per arrestarla dopo che ha commesso numerosi omicidi, come nel caso della c.d. banda della una bianca”.
    Per quanto concerne le stragi che ho citato queste sono state eseguite da mafiosi, ma è stato anche accertato in sentenza che la mafia eseguiva ordini di una “entità” esterna. Ovviamente non si è mai giunti a scoprire quale fosse questa entità o questo livello superiore, anche perché, quando ci si è avvicinati, il pool che indagava è stato immediatamente sciolto (vedi mio articolo del 30 novembre 2007 qui sul blog). Purtroppo con un’opera di disinformazione straordinaria nella mente degli italiani è rimasta l’idea che le stragi citate fossero stragi di mafia. No, i mafiosi erano gli esecutori, i mandanti occulti si stanno ancora cercando.

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    • Paolo
      24 Maggio 2019 @ 10:38

      Non ho molta esperienza in queste cose, ma leggendo un libro (Colonia Italia di Giovanni Fasanella) ed altre fonti non è difficile pensare che dietro a queste mostruose attività criminali si nasconde la mano anglosassone. L’Italia è uno dei principali bocconi preziosi per la geostrategia di tutte le potenze dato che controlla tutto il Mediterraneo per mare, terra, cielo. Ogni cosa che sia aggregante nello spirito di nazione/partito/sindacato/movimento viene regolarmente distrutto, denigrato e alla peggio eliminato fisicamente. Inoltre, se si studia bene la storia, ricordiamoci che Churchill, all’indomai della fine della guerra, affermò che in Italia NON ci potranno mai essere governi stabili di unità nazione e qualora si intravvedessero si dovrà fare di tutto per smembrarli.
      I risultati in questi ultimi 70 anni li abbiamo visti.

      Reply

  3. michelangelo
    21 Gennaio 2008 @ 18:44

    …e film come il Capo dei Capi non aiutano a informare…

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  4. Anonimo
    21 Gennaio 2008 @ 21:47

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  5. cives
    22 Gennaio 2008 @ 18:47

    spero scriverete un giorno di calciopoli. ho seguito solo in parte i fatti di quei giorni e di quanto successo in seguito. sono juventino, tifoso moderato, ma quanto accaduto mi ha lasciato molto perplesse. e sopratutto mi sembra strano il comportamento di tanto che hanno evitato di fare due più due quando era normale aspettarsi che lo facessero. la juventus ha pagato con retrocessione e con perdita di due scudetti, sanzioni, specialmente quello della revoca IN FAVORE DELL’INTER, degli scudetti che sono inspiegabili sotto ogni logica. il commissario rossi che ha deciso le sorti del calcio italiano, e delle cui decisioni ha beneficiato sopratutto l’inter, ha fatto parte del cda dell’inter e della gazzetta dello sport. squadre che hanno tesserato illecitamente ittadini extracomunitari, comportamento per il quale hanno subito condanne (inter e altre) non solo non hanno pagato ma hanno visto attribuirsi ex officio (inter) scudetti per meriti morali… però legati (l’inter moratti lo stesso rossi)con il signor tronchetti provera, con la telecom, quella delle intercettazioni illecite (ordinate anche da moratti, almeno per i suoi giocatori. e quelle in cui è stato coinvolto luciano moggi dirigente juve…). anche il milano avrebbe dovuto pagare se non con la b si disse almeno con penalizzazioni di punti che non ne permettesse lka pèartecipazione alla coppa dei campioni, invece, ma guarda un po, per un imperdonabile distrazione (mah….) riesce ad avere tolti proprio i npunti giusti per riuscire ad entrare, per un pelino (ma guarda un po…) nel gruppo delle 4 di testa. certo moggi si presta a passare per il boss del giro….ed è stato tutto facile per chi ha la faccia pulita. anche il signor facchetti, al tempo dirigente inter, ce l’aveva pulita la faccia, ma anche lui come e più di moggi incontrava gli arbitri, ci andava a cena insieme, però aveva un così bell’accento nordico che….mah. spero siate informati sulla vicenda e sappiate chiarire quali i legami tra telecom polis d’istinto tronchetti e bovemoratti rossi il milan meani e le altre squadre, e moggi e del piero i tifosi di calcio e gli italiani perchè quanto ho sentito sino ad oggi sono solo discorsi a metà. non si tirano mai le conseguenze logiche in questo genere di vicende. attendo di conoscere il vostro parere e le vostre impressioni e certezze. grazie

    Reply

  6. Solange Manfredi
    25 Gennaio 2008 @ 16:45

    Mi dispiace Cives ma non ho approfondito l’argomento calciopoli.
    Un saluto

    Reply

  7. cives
    26 Gennaio 2008 @ 13:33

    L’Istituto Opere Religiose è la banca del Vaticano. In deposito 5 miliardi di euro
    Ai correntisti offre rendimenti record, impermeabilità ai controlli e segretezza totale
    Scandali, affari e misteri
    tutti i segreti dello Ior
    di CURZIO MALTESE

    Scandali, affari e misteri tutti i segreti dello Ior
    LA CHIESA cattolica è l’unica religione a disporre di una dottrina sociale, fondata sulla lotta alla povertà e la demonizzazione del danaro, “sterco del diavolo”. Vangelo secondo Matteo: “E’ più facile che un cammello passi nella cruna dell’ago, che un ricco entri nel regno dei cieli”. Ma è anche l’unica religione ad avere una propria banca per maneggiare affari e investimenti, l’Istituto Opere Religiose.

    La sede dello Ior è uno scrigno di pietra all’interno delle mura vaticane. Una suggestiva torre del Quattrocento, fatta costruire da Niccolò V, con mura spesse nove metri alla base. Si entra attraverso una porta discreta, senza una scritta, una sigla o un simbolo. Soltanto il presidio delle guardie svizzere notte e giorno ne segnala l’importanza. All’interno si trovano una grande sala di computer, un solo sportello e un unico bancomat. Attraverso questa cruna dell’ago passano immense e spesso oscure fortune. Le stime più prudenti calcolano 5 miliardi di euro di depositi. La banca vaticana offre ai correntisti, fra i quali come ha ammesso una volta il presidente Angelo Caloia “qualcuno ha avuto problemi con la giustizia”, rendimenti superiori ai migliori hedge fund e un vantaggio inestimabile: la totale segretezza. Più impermeabile ai controlli delle isole Cayman, più riservato delle banche svizzere, l’istituto vaticano è un vero paradiso (fiscale) in terra. Un libretto d’assegni con la sigla Ior non esiste. Tutti i depositi e i passaggi di danaro avvengono con bonifici, in contanti o in lingotti d’oro. Nessuna traccia.

    Da vent’anni, quando si chiuse il processo per lo scandalo del Banco Ambrosiano, lo Ior è un buco nero in cui nessuno osa guardare. Per uscire dal crac che aveva rovinato decine di migliaia di famiglie, la banca vaticana versò 406 milioni di dollari ai liquidatori. Meno di un quarto rispetto ai 1.159 milioni di dollari dovuti secondo l’allora ministro del Tesoro, Beniamino Andreatta. Lo scandalo fu accompagnato da infinite leggende e da una scia di cadaveri eccellenti. Michele Sindona avvelenato nel carcere di Voghera, Roberto Calvi impiccato sotto il ponte dei Frati Neri a Londra, il giudice istruttore Emilio Alessandrini ucciso dai colpi di Prima Linea, l’avvocato Giorgio Ambrosoli freddato da un killer della mafia venuto dall’America al portone di casa.

    Senza contare il mistero più inquietante, la morte di papa Luciani, dopo soli 33 giorni di pontificato, alla vigilia della decisione di rimuovere Paul Marcinkus e i vertici dello Ior. Sull’improvvisa fine di Giovanni Paolo I si sono alimentate macabre dicerie, aiutate dalla reticenza vaticana. Non vi sarà autopsia per accertare il presunto e fulminante infarto e non sarà mai trovato il taccuino con gli appunti sullo Ior che secondo molti testimoni il papa portò a letto l’ultima notte.
    Era lo Ior di Paul Marcinkus, il figlio di un lavavetri lituano, nato a Cicero (Chicago) a due strade dal quartier generale di Al Capone, protagonista di una delle più clamorose quanto inspiegabili carriere nella storia recente della chiesa. Alto e atletico, buon giocatore di baseball e golf, era stato l’uomo che aveva salvato Paolo VI dall’attentato nelle Filippine. Ma forse non basta a spiegare la simpatia di un intellettuale come Montini, autore della più avanzata enciclica della storia, la Populorum Progressio, per questo prete americano perennemente atteggiato da avventuriero di Wall Street, con le mazze da golf nella fuoriserie, l’Avana incollato alle labbra, le stupende segreterie bionde e gli amici di poker della P2.

    Con il successore di papa Luciani, Marcinkus trova subito un’intesa. A Karol Wojtyla piace molto quel figlio di immigrati dell’Est che parla bene il polacco, odia i comunisti e sembra così sensibile alle lotte di Solidarnosc. Quando i magistrati di Milano spiccano mandato d’arresto nei confronti di Marcinkus, il Vaticano si chiude come una roccaforte per proteggerlo, rifiuta ogni collaborazione con la giustizia italiana, sbandiera i passaporti esteri e l’extraterritorialità. Ci vorranno altri dieci anni a Woytjla per decidersi a rimuovere uno dei principali responsabili del crac Ambrosiano dalla presidenza dello Ior. Ma senza mai spendere una parola di condanna e neppure di velata critica: Marcinkus era e rimane per le gerarchie cattoliche “una vittima”, anzi “un’ingenua vittima”.

    Dal 1989, con l’arrivo alla presidenza di Angelo Caloia, un galantuomo della finanza bianca, amico e collaboratore di Gianni Bazoli, molte cose dentro lo Ior cambiano. Altre no. Il ruolo di bonificatore dello Ior affidato al laico Caloia è molto vantato dalle gerarchie vaticane all’esterno quanto ostacolato all’interno, soprattutto nei primi anni. Come confida lo stesso Caloia al suo diarista, il giornalista cattolico Giancarlo Galli, autore di un libro fondamentale ma introvabile, Finanza bianca (Mondadori, 2003). “Il vero dominus dello Ior – scrive Galli – rimaneva monsignor Donato De Bonis, in rapporti con tutta la Roma che contava, politica e mondana. Francesco Cossiga lo chiamava Donatino, Giulio Andreotti lo teneva in massima considerazione. E poi aristocratici, finanzieri, artisti come Sofia Loren. Questo spiegherebbe perché fra i conti si trovassero anche quelli di personaggi che poi dovevano confrontarsi con la giustizia. Bastava un cenno del monsignore per aprire un conto segreto”.

    A volte monsignor De Bonis accompagnava di persona i correntisti con i contanti o l’oro nel caveau, attraverso una scala, in cima alla torre, “più vicino al cielo”. I contrasti fra il presidente Caloia e De Bonis, in teoria sottoposto, saranno frequenti e duri. Commenta Giancarlo Galli: “Un’aurea legge manageriale vuole che, in caso di conflitto fra un superiore e un inferiore, sia quest’ultimo a soccombere. Ma essendo lo Ior istituzione particolarissima, quando un laico entra in rotta di collisione con una tonaca non è più questione di gradi”.

    La glasnost finanziaria di Caloia procede in ogni caso a ritmi serrati, ma non impedisce che l’ombra dello Ior venga evocata in quasi tutti gli scandali degli ultimi vent’anni. Da Tangentopoli alle stragi del ’93 alla scalata dei “furbetti” e perfino a Calciopoli. Ma come appare, così l’ombra si dilegua. Nessuno sa o vuole guardare oltre le mura impenetrabili della banca vaticana.

    L’autunno del 1993 è la stagione più crudele di Tangentopoli. Subito dopo i suicidi veri o presunti di Gabriele Cagliari e di Raul Gardini, la mattina del 4 ottobre arriva al presidente dello Ior una telefonata del procuratore capo del pool di Mani Pulite, Francesco Saverio Borrelli: “Caro professore, ci sono dei problemi, riguardanti lo Ior, i contatti con Enimont…”. Il fatto è che una parte considerevole della “madre di tutte le tangenti”, per la precisione 108 miliardi di lire in certificati del Tesoro, è transitata dallo Ior. Sul conto di un vecchio cliente, Luigi Bisignani, piduista, giornalista, collaboratore del gruppo Ferruzzi e faccendiere in proprio, in seguito condannato a 3 anni e 4 mesi per lo scandalo Enimont e di recente rispuntato nell’inchiesta “Why Not” di Luigi De Magistris. Dopo la telefonata di Borrelli, il presidente Caloia si precipita a consulto in Vaticano da monsignor Renato Dardozzi, fiduciario del segretario di Stato Agostino Casaroli. “Monsignor Dardozzi – racconterà a Galli lo stesso Caloia – col suo fiorito linguaggio disse che ero nella merda e, per farmelo capire, ordinò una brandina da sistemare in Vaticano. Mi opposi, rispondendogli che avrei continuato ad alloggiare all’Hassler. Tuttavia accettai il suggerimento di consultare d’urgenza dei luminari di diritto. Una risposta a Borrelli bisognava pur darla!”. La risposta sarà di poche ma definitive righe: “Ogni eventuale testimonianza è sottoposta a una richiesta di rogatoria internazionale”.

    I magistrati del pool valutano l’ipotesi della rogatoria. Lo Ior non ha sportelli in terra italiana, non emette assegni e, in quanto “ente fondante della Città del Vaticano”, è protetto dal Concordato: qualsiasi richiesta deve partire dal ministero degli Esteri. Le probabilità di ottenere la rogatoria in queste condizioni sono lo zero virgola. In compenso l’effetto di una richiesta da parte dei giudici milanesi sarebbe devastante sull’opinione pubblica. Il pool si ritira in buon ordine e si accontenta della spiegazione ufficiale: “Lo Ior non poteva conoscere la destinazione del danaro”.

    Il secondo episodio, ancora più cupo, risale alla metà degli anni Novanta, durante il processo per mafia a Marcello Dell’Utri. In video conferenza dagli Stati Uniti il pentito Francesco Marino Mannoia rivela che “Licio Gelli investiva i danari dei corleonesi di Totò Riina nella banca del Vaticano”. “Lo Ior garantiva ai corleonesi investimenti e discrezione”. Fin qui Mannoia fornisce informazioni di prima mano. Da capo delle raffinerie di eroina di tutta la Sicilia occidentale, principale fonte di profitto delle cosche. Non può non sapere dove finiscono i capitali mafiosi. Quindi va oltre, con un’ipotesi. “Quando il Papa (Giovanni Paolo II, ndr) venne in Sicilia e scomunicò i mafiosi, i boss si risentirono soprattutto perché portavano i loro soldi in Vaticano. Da qui nacque la decisione di far esplodere due bombe davanti a due chiese di Roma”. Mannoia non è uno qualsiasi.

    E’ secondo Giovanni Falcone “il più attendibile dei collaboratori di giustizia”, per alcuni versi più prezioso dello stesso Buscetta. Ogni sua affermazione ha trovato riscontri oggettivi. Soltanto su una non si è proceduto ad accertare i fatti, quella sullo Ior. I magistrati del caso Dell’Utri non indagano sulla pista Ior perché non riguarda Dell’Utri e il gruppo Berlusconi, ma passano le carte ai colleghi del processo Andreotti. Scarpinato e gli altri sono a conoscenza del precedente di Borrelli e non firmano la richiesta di rogatoria. Al palazzo di giustizia di Palermo qualcuno in alto osserva: “Non ci siamo fatti abbastanza nemici per metterci contro anche il Vaticano?”.

    Sulle trame dello Ior cala un altro sipario di dieci anni, fino alla scalata dei “furbetti del quartierino”. Il 10 luglio dell’anno scorso il capo dei “furbetti”, Giampiero Fiorani, racconta in carcere ai magistrati: “Alla Bsi svizzera ci sono tre conti della Santa Sede che saranno, non esagero, due o tre miliardi di euro”. Al pm milanese Francesco Greco, Fiorani fa l’elenco dei versamenti in nero fatti alle casse vaticane: “I primi soldi neri li ho dati al cardinale Castillo Lara (presidente dell’Apsa, l’amministrazione del patrimonio immobiliare della chiesa, ndr), quando ho comprato la Cassa Lombarda. M’ha chiesto trenta miliardi di lire, possibilmente su un conto estero”.

    Altri seguiranno, molti a giudicare dalle lamentele dello stesso Fiorani nell’incontro con il cardinale Giovanni Battista Re, potente prefetto della congregazione dei vescovi e braccio destro di Ruini: “Uno che vi ha sempre dato i soldi, come io ve li ho sempre dati in contanti, e andava tutto bene, ma poi quando è in disgrazia non fate neanche una telefonata a sua moglie per sapere se sta bene o male”.
    Il Vaticano molla presto Fiorani, ma in compenso difende Antonio Fazio fino al giorno prima delle dimissioni, quando ormai lo hanno abbandonato tutti. Avvenire e Osservatore Romano ripetono fino all’ultimo giorno di Fazio in Bankitalia la teoria del “complotto politico” contro il governatore. Del resto, la carriera di questo strano banchiere che alle riunioni dei governatori centrali non ha mai citato una volta Keynes ma almeno un centinaio di volte le encicliche, si spiega in buona parte con l’appoggio vaticano. In prima persona di Camillo Ruini, presidente della Cei, e poi di Giovanni Battista Re, amico intimo di Fazio, tanto da aver celebrato nel 2003 la messa per il venticinquesimo anniversario di matrimonio dell’ex governatore con Maria Cristina Rosati.

    Naturalmente neppure i racconti di Fiorani aprono lo scrigno dei segreti dello Ior e dell’Apsa, i cui rapporti con le banche svizzere e i paradisi fiscali in giro per il mondo sono quantomeno singolari. E’ difficile per esempio spiegare con esigenze pastorali la decisione del Vaticano di scorporare le Isole Cayman dalla naturale diocesi giamaicana di Kingston, per proclamarle “missio sui iuris” alle dirette dipendenze della Santa Sede e affidarle al cardinale Adam Joseph Maida, membro del collegio dello Ior.

    Il quarto e ultimo episodio di coinvolgimento dello Ior negli scandali italiani è quasi comico rispetto ai precedenti e riguarda Calciopoli. Secondo i magistrati romani Palamara e Palaia, i fondi neri della Gea, la società di mediazione presieduta dal figlio di Moggi, sarebbero custoditi nella banca vaticana. Attraverso i buoni uffici di un altro dei banchieri di fiducia della Santa Sede dalla fedina penale non immacolata, Cesare Geronzi, padre dell’azionista di maggioranza della Gea. Nel caveau dello Ior sarebbe custodito anche il “tesoretto” personale di Luciano Moggi, stimato in 150 milioni di euro. Al solito, rogatorie e verifiche sono impossibili. Ma è certo che Moggi gode di grande considerazione in Vaticano. Difeso dalla stampa cattolica sempre, accolto nei pellegrinaggi a Lourdes dalla corte di Ruini, Moggi è da poco diventato titolare di una rubrica di “etica e sport” su Petrus, il quotidiano on-line vicino a papa Benedetto XVI, da dove l’ex dirigente juventino rinviato a giudizio ha subito cominciato a scagliare le prime pietre contro la corruzione (altrui).

    Con l’immagine di Luciano Moggi maestro di morale cattolica si chiude l’ultima puntata dell’inchiesta sui soldi della Chiesa. I segreti dello Ior rimarranno custoditi forse per sempre nella torre-scrigno. L’epoca Marcinkus è archiviata ma l’opacità che circonda la banca della Santa Sede è ben lontana dallo sciogliersi in acque trasparenti. Si sa soltanto che le casse e il caveau dello Ior non sono mai state tanto pingui e i depositi continuano ad affluire, incoraggiati da interessi del 12 per cento annuo e perfino superiori. Fornire cifre precise è, come detto, impossibile. Le poche accertate sono queste. Con oltre 407 mila dollari di prodotto interno lordo pro capite, la Città del Vaticano è di gran lunga lo “stato più ricco del mondo”, come si leggeva nella bella inchiesta di Marina Marinetti su Panorama Economy. Secondo le stime della Fed del 2002, frutto dell’unica inchiesta di un’autorità internazionale sulla finanza vaticana e riferita soltanto agli interessi su suolo americano, la chiesa cattolica possedeva negli Stati Uniti 298 milioni di dollari in titoli, 195 milioni in azioni, 102 in obbligazioni a lungo termine, più joint venture con partner Usa per 273 milioni.

    Nessuna autorità italiana ha mai avviato un’inchiesta per stabilire il peso economico del Vaticano nel paese che lo ospita. Un potere enorme, diretto e indiretto. Negli ultimi decenni il mondo cattolico ha espugnato la roccaforte tradizionale delle minoranze laiche e liberali italiane, la finanza. Dal tramonto di Enrico Cuccia, il vecchio azionista gran nemico di Sindona, di Calvi e dello Ior, la “finanza bianca” ha conquistato posizioni su posizioni. La definizione è certo generica e comprende personaggi assai distanti tra loro. Ma tutti in relazione stretta con le gerarchie ecclesiastiche, con le associazioni cattoliche e con la prelatura dell’Opus Dei. In un’Italia dove la politica conta ormai meno della finanza, la chiesa cattolica ha più potere e influenza sulle banche di quanta ne avesse ai tempi della Democrazia Cristiana.
    (Hanno collaborato Carlo Pontesilli e Maurizio Turco)

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  8. cives
    26 Gennaio 2008 @ 13:34

    per i pochi cui fosse sfuggito l’articolo su repubblica.

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  9. Solange Manfredi
    26 Gennaio 2008 @ 17:21

    Caro Cives,
    grazie dell’articolo postato, mi era sfuggito. Nei prossimi articoli parleremo sicuramente di Sindona, Calvi, Ior, Cuccia, ecc..
    Un saluto

    Reply

  10. elbarzo
    28 Gennaio 2008 @ 13:55

    A margine della discussione: riflettevo ieri, vedendo Eyes Wide Shut, che il grande regista Kubrik è morto proprio durante la realizzazione di un film in cui esce fuori una sorta di denuncia contro una setta segreta.
    Qualcuno ha informazioni sull’appartenenza del sommo maestro alla massoneria o simili? Perchè la denuncia al potere è aperta.

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  11. Anonimo
    30 Gennaio 2008 @ 11:15

    Stanley Kubrick è stato un regista per certi versi geniale ma anche molto chiacchierato. Non vi sono dati certi su un coinvolgimento di Kubrick con la massoneria o le attività di strutture di intelligence di Sua Maestà, legate forse al Tavistock Institute. Resta il fatto che bisognerebbe inquadrare la sua attività registica all’interno di un contesto molto più ampio di quanto faccia la maggioranza dei critici cinematografici, la cui miopia e autoreferenzialità fanno molto comodo all’industria dello spettacolo ed ai cosiddetti Perception Managers.

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  12. Anonimo
    30 Gennaio 2008 @ 11:54

    su repubblica di martedì 29 gennaio. artcolo con intervista a boemi che lascia la dda calabrese. richiamo alla massoneria nel titolo a nell’artcolo: comandano gli invisibili: massoneria deviata che guida le ali criminali della ndrangheta. …”.

    Reply

  13. Anonimo
    31 Gennaio 2008 @ 15:41

    Professore è da un po’ che non abbiamo sue notizie. non ci faccia stare in pensiero. le ho lasciato un messaggio nel post col video di travaglio

    JL

    Reply

  14. Paolo Franceschetti
    31 Gennaio 2008 @ 21:39

    Ciao Jl….
    Non sare in pensiero. Oramai hanno provato tre volte a farmi (e farci) la pelle con dei finti incidenti e quindi credo che i tentativi siano finiti. Avendo scritto ciò che ci è successo questo dovrebbe preservarci per un po’ da ulteriori incidenti che altrimenti sarebbero decisamente sospetti (ma il condizionale è d’obbligo…la certezza ce la potrebbe dare solo Dio).

    Il silenzio è dipeso dagli impegni miei ma anche di Solange. Ma da questo week end riprendiamo a pubblicare gli articoli.

    Ciao ciao

    Reply

  15. elbarzo
    1 Febbraio 2008 @ 11:02

    Reply

  16. Solange Manfredi
    1 Febbraio 2008 @ 17:25

    Caro Prof, perchè non scriviamo anche che fonte attendibile ci ha consigliato, giusto la settimana scorsa, di stare molto attenti a bere il caffè? Se scriverlo può aiutare….scriviamolo! Sono proprio stufa di bere il caffè (bevanda che adoro) con l’ansia 🙂

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  17. Claudio
    2 Febbraio 2008 @ 16:32

    Paolo, Solange…ho appena letto una cosa strana…sul gossip di Tiscali.it…”La venerabile Cicciolina per rinnovare la Massoneria”(!!!)…cos’è ‘sta storia? è una presa in giro o la dimostrazione che stanno veramente cadendo sempre più basso? e poi quel “venerabile” puzza un pò…ditemi cosa ne pensate, ciao

    Reply

  18. Solange Manfredi
    3 Febbraio 2008 @ 8:05

    Ciao Claudio, forse si riferisce all’articolo apparso il 12 gennaio sul messaggero:
    Dal Messaggero

    Cicciolina e il Gran Maestro – ghiaccio bollente e champagne

    (Come diceva Flaiano, Roma è una grande capitale e una città di provincia.)

    Lei: Ilona Staller, in arte Cicciolina. Lui: Illustrissimo e Veneratissimo Gran Maestro della Loggia Regolare d’Italia. La ex pornostar e il massone in carriera, due personaggi provenienti da due mondi che più estranei non potrebbero apparire. L’altra sera erano insieme allo Zen, elegante ristorante giapponese in Prati. Sono arrivati intorno alle otto, si sono trattenuti una mezz’ora, il tempo di un aperitivo. Cicciolina, 56 primavere che non si arrendono al tempo, era in bianco totale, gonna corta, tacchi a spillo, le labbra incendiate da un rossetto scarlatto. Il Gran Maestro, 40 e passa, prestante, i capelli sale e pepe, impeccabile in giacca e cravatta. Vista l’ora, pochi i presenti, atmosfera silenziosa e rilassante. La strana coppia occupa un tavolo, solo champagne e qualche cosina da spizzicare. Lui fa il piacione, lei apprezza, lui ha una voce squillante e non tiene basso il volume. Ecco i momenti salienti della sua tecnica seduttiva. Si sfila l’anellone (oro giallo con squadra e compasso in rilievo, simboli della massoneria) e lo tuffa nello champagne invitandola a bere: “Proverai il sapore del potere….” Cicciolina divertita, alza la coppa con l’anellone dentro e sorseggia, attenta a non ingollare l’anellone. Lei gli chiede se può far parte della massoneria. E il Gran Maestro: “Alle donne non è concesso, ma una come te ci farebbe davvero comodo…” Cicciolina ricambia il complimento: “Hai un bel fisico, sei muscoloso…” Lui non resiste, tira su la manica della giacca, slaccia il polsino della camicia e mostra soddisfatto il muscolo. Poi confessa: “Sai, io ho un passato da istruttore di body building…” Gran finale con il Gran Maestro che dal cestello piglia una cubetto di ghiaccio e con quello accarezza il collo e le labbra di Cicciolina. Alto erotismo, oh, my God!

    ….Ognuno corteggia come sa :-)))

    Reply

  19. Anonimo
    3 Febbraio 2008 @ 17:47

    @claudio
    i lettori controinformati assieme ai controinformatori devono prendere con le pinze quel che leggono dal mainstream.sempre.
    il Messaggero, e tutta la scala dal direttore alla fonte riservata dell´articolista sono stati querelati da Venzi (GM della GLRI), il presunto protagonista, assieme a cicciolina, per aver pubblicato il falso.
    .inoltre:
    Chi ha letto Pinotti e l´intervista al “vero” Venzi si puó fare un´idea di quanto la notizia del Messaggero sia falsa.
    Senza contare quanto la notizia possa risultare ridicola a chi conosce personalmente il personaggio in questione.

    Il Messaggero ha pubblicato una smentita, piccola piccola, inosservata.
    e ovviamente non interessante agli occhi di chi vuole solo leggere di pornografia&potere, in salsa “AvvocatoDelDiavolo”

    Reply

  20. Solange Manfredi
    3 Febbraio 2008 @ 19:09

    Io, a dir la verità, la notizia l’ho appresa da un articolo trovato sul sito di un massone, il maestro Martin Rua all’indirizzo http://martinrua.ilcannocchiale.it/?TAG=messaggero che ogni tanto ha postato con noi. Ad oggi anche a lui era sfuggita la smentita piccola piccola. Grazie di averci segnalato la cosa.

    Reply

  21. Anonimo
    3 Febbraio 2008 @ 21:45

    di niente.
    sarebbe interessante indagare come e soprattutto perché si é voluto creare ad arte e diffondere tale notizia, che non fa che gettare fumo negli occhi, alimentando pregiudizi con dettagli porno-hollywoodiani,costringendoci a leggere-commentare(scrivendo o meno)-smentire inquinando le (accidenti!) validissime notizie da voi riportate:)

    Reply

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