Di Solange Manfredi
Premessa
La domanda che abbiamo posto nel titolo è lecita e la risposta rischia di essere imbarazzante.
Come abbiamo già sottolineato in articoli precedenti (e come continueremo a farlo nei prossimi), nella storia della nostra Repubblica, è emersa (spesso a distanza di decenni) la partecipazione di parti dello Stato in stragi, omicidi, attentati, ecc..
In alcuni casi, proprio perché vi erano coinvolti parti delle Stato, si è giunti a scoprire la verità in ritardo. In molti altri casi la verità è stata negata.
Ed oggi? Per le stragi che negli anni ’90 hanno insanguinato l’Italia abbiamo elementi che possano far legittimamente sospettare che si tratti di stragi di Stato? Si, ritengo di si. Vediamo quali.
Falange Armata.
Questa misteriosa sigla compare agli inizi degli anni ’90.
Vediamo dove e quando.
Cronologia
1991
Il 4 gennaio, a Bologna nel quartiere del Pilastro, vengono uccisi tre carabinieri.
La strage è rivendicata dalla Falange Armata.
Per compiere la strage viene usato un mitra Beretta SC 70 in dotazione soltanto a forze speciali di pronto intervento1.
Il 3 maggio in una armeria di Bologna vengono uccise tre persone.
La strage è rivendicata dalla Falange Armata.2
1992
Febbraio. Craxi, a seguito dei tanti avvisi di garanzia, si dimette da segretario del PSI. La Falange armata inizia le minacce contro mani pulite3.
Il 23 maggio Giovanni Falcone viene ucciso insieme alla moglie ed alla scorta a Capaci.
La strage viene rivendicata dalla Falange Armata.
Sulla collina di Capaci viene trovato un biglietto con il numero di cellulare di un funzionario del Sisde, vice di Contrada.
Il 19 luglio Paolo Borsellino viene ucciso con alcuni agenti della sua scorta in via d’Amelio a Palermo.
La strage viene rivendicata dalla Falange Armata.
Alle spalle di Via D’Amelio, situato sul Monte Pellegrino, c’è Castel Utveggio. E’ il punto di osservazione migliore perchè si domina perfettamente la vista dell’ingresso dell’abitazione di via D’Amelio.
A Castel Utveggio ha sede un ente regionale il C.E.R.I.S.D.E., dietro il quale avrebbe trovato copertura un organo del SISDE.
Lo stesso SISDE di Contrada e del Generale Mori.
1993
Marzo. Rogatoria di Di Pietro a Hong Kong sui conti di Craxi e contemporaneo messaggio della Falange armata: “A Di Pietro uccideremo il figlio4.
14 maggio in via Fauro esplode una autobomba in via Fauro a Roma. 15 feriti.
La strage viene rivendicata dalla Falange Armata.
27 maggio in Via Dei Georgofili a Firenze esplode una autobomba. 5 morti e 48 feriti.
La strage viene rivendicata dalla Falange Armata.
02 giugno a Roma, in via dei Sabini, a 100 metri da Palazzo Chigi viene scoperta una autobomba.
L’attentato viene rivendicato dalla Falange Armata.
16 settembre La Procura della Repubblica di Roma apre una inchiesta ed individua in 16 ufficiali del SISMI i telefonisti che hanno rivendicato le azioni della Falange Armata.
21 ottobre Attentato a Padova durante la notte contro il palazzo di Giustizia che viene in parte distrutto.
L’attentato viene rivendicato dalla Falange armata.5
1994
15 marzo, Di Pietro stringe per la rogatoria a Hong Kong sul bottino di Craxi: la prova che Bettino gestiva il proprio, tramite Giancarlo Troielli, qualche decina di miliardi. Riecco puntuale la Falange armata: “Ammazzeremo Di Pietro6.
Giugno. Di Pietro s’imbatte nelle mazzette degli industriali alla Guardia di Finanza. C’è anche la Fininvest.
Nuove minacce a Di Pietro dalla Falange armata7
Il 17 settembre, nuovo messaggio della Falange armata: “La vita politica e umana di Di Pietro sarà breve e verrà fermata”8.
1 ottobre. Ancora la Falange Armata Di Pietro è cotto a puntino”9
Novembre”Di Pietro ha i giorni contati”, annuncia la Falange armata10.
Il 27 novembre la Falange armata comunica: “Di Pietro è un uomo morto11
Cos’è la Falange Armata
Insomma, la sigla falange armata la troviamo, in quegli anni, impegnata a 360°.
Rivendica di tutto: omicidi comuni, stragi mafiose, attentati a tribunali, minacce a magistrati che si occupano dell’inchiesta di Mani Pulite, ecc…
Pare non abbia una particolare “predilezione” né per un obiettivo, né una strategia politica. Compare qua e là.
Visti gli obiettivi, nonchè i tempi di esecuzione delle stragi e degli attentati, pare quasi che sia preposta più che altro a condizionare (sarebbe meglio dire destabilizzare) la vita politica del paese.
Ma cosa è esattamente la Falange Armata? Perché non se ne sa nulla?
A spiegarcelo è una persona informata sui fatti, un ex parà della Folgore: Fabio Piselli.
Riporto quindi il suo articolo rintracciabile all’indirizzo http://fabiopiselli.blogspot.com/2008/01/11-spionaggio-elettronico-e-falange.html
“Una ulteriore chiave di volta per comprendere i fatti nei quali il Moby Prince è stato coinvolto è rappresentata dalla cosiddetta “Falange Armata“, voglio per questo fornire quelle che sono le mie conoscenze ed i miei commenti rispetto a questa presunta organizzazione, con specifiche caratteristiche di guerra psicologica, che per molti anni ha fatto parlare di se fino a quando è stata disattivata, o meglio, posta in sonno.
L’ultima volta che questa sigla è apparsa è stato durante le indagini relative alle presunte intercettazioni illegali della Telecom di Tavaroli e del Sismi di Mancini ed in merito al suicidio di Adamo Bove; dalle carte recuperate durante una perquisizione nei confronti di un giornalista loro collaboratore sono stati repertati alcuni fascicoli provenienti dai Servizi nei quali si relaziona che la falange armata era formata da ex operatori della Folgore e dei servizi, reclutati dopo il loro congedo. Mentre in altre informative provenienti dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri è stato ipotizzato che i coordinatori di questa struttura fossero stati una ventina di specialisti della Folgore, transitati alla famosa VII° divisione del SISMI.
Ricordo che intorno al 1987, mentre prestavo servizio alla Folgore, frequentando Camp Darby, l’esistenza di voci rispetto alla formazione di piccoli nuclei autonomi parte di strutture indipendenti, rispondenti direttamente alla Presidenza del Consiglio dei Ministri in funzione di unità antiterrorismo, fatto che era più che regolare visto la natura operativa dei reparti della Folgore in quegli anni ed il quadro politico nazionale ed internazionale che li ha caratterizzati.
La Folgore ha sempre fornito il proprio personale ai Servizi, sia per quanto concerne l’impiego di unità d’elite in funzione info-operativa, sia per quanto concerne gli operatori all’estero, sia per quanto riguarda gli ufficiali ed i sottufficiali transitati ai raggruppamenti di unità speciali o di difesa, Rus e poi Rud. Quest’ultimo reparto, il Rud, è quello nel quale potrebbero essersi addestrati anche coloro che una volta esternalizzati, cioè non più operativi ma congedati o tornati al proprio reparto di origine, hanno comunque continuato a collaborare con i Servizi in forma esterna, gestiti da un ufficiale il cui compito è stato proprio quello di coordinare gli “esterni”. Questa parola, esterni, è importante per capire come, in quegli anni, fra l’85 ed il ’94, molti ragazzi d’azione, e non d’avventura, sono stati reclutati, gestiti ed addestrati da singoli soggetti o piccole cellule di specialisti al fine di acquisire delle competenze in varie materie, una delle quali di tipo captativo delle comunicazioni e dei segnali elettronici, altre più riferibili alla esecuzione di azioni “psicologiche” idonee per destabilizzare un territorio oggetto di interesse.
Non dobbiamo dimenticare che proprio l’ordinamento cellulare ha impedito, al singolo soggetto chiamato a condurre delle operazioni, di capire in modo ampio in cosa fosse stato coinvolto, questi sostanzialmente riferiva al proprio capocellula o capocentro, soggetto con il quale aveva già maturato un rapporto di fiducia, vuoi perchè era stato il suo ufficiale durante il servizio o la carriera militare, vuoi perchè questi ha fornito tutte quelle garanzie di affidabilità per ottenerne la fiducia.
Ricordo che personalmente ho avuto modo di collaborare con alcuni ufficiali che avevo già conosciuto durante la mia carriera militare e con i quali avevo un rapporto di fiducia, saldato oltrettuto dal condizionamento psicologico indotto dall’appartenenza ai reparti d’azione, dal fatto di sentirsi diversi dalle altre unità, di essere in qualche modo legittimati nel porre in essere delle azioni di spessore diverso da quelle condotte dalle normali unità delle FF.AA. o delle FF.PP. proprio perchè quel tipo di operatori, “operativi”, erano attivati laddove le altre unità incontravano i propri limiti. Azioni che richiedevano ardimento, coraggio, forza fisica, resistenza psicologica, competenza tecnica, devozione al reparto e al proprio comandante e soprattutto quella “sana” sregolatezza tipica di ogni reparto cosiddetto speciale, perchè il tipo di operazioni da condurre rappresentavano certamente nel loro contenuto una violazione delle regole in generale, erano operazioni fondamentalmente caratterizzate dalla clandestinità e dalla mancanza di ortodossia, cellulari e parte di un programma di più ampio respiro del quale certamente il singolo operatore attivato per compierle non aveva conoscenza.
La falange armata è stata una di queste operazioni, la cui sigla è stata fluttuante mentre gli operatori sono stati sempre gli stessi, salvo qualche transito di volta in volta avvenuto; la falange armata è stata perciò una “operazione” e non una “struttura” con vita propria.
Fra il 1985 ed il 1994 sono stati sviluppati dei programmi da parte degli uffici studi ed esperienze delle sezioni di guerra psicologica, originariamente americani e successivamente italiani e adattati al contesto sociale politico e culturale italiano, tali da coinvolgere tanti bravi ragazzi d’azione, in uniforme e non, in operazioni che se viste da un osservatore esterno avrebbero evidenziato numerosi fatti penalmente rilevanti, ma se interpretate dall’interno, con quella mentalità e soprattutto con il condizionamento nascente dal tipo di rapporto, di dipendenza, fra il singolo operatore ed il suo comandante, avevano invece quelle caratteristiche che hanno stimolato il singolo operatore, ardito, coraggioso, spavaldo, capace di accettare di porle in essere, specialmente laddove le difficoltà erano maggiori o magari richiedevano di superare degli ostacoli particolarmente difficili, per questo stimolanti l’ardimento tipico di questi operatori, gratificati non solo dalla riuscita dell’operazione, che come ho detto non conoscevano nel suo intero fine, ma soprattutto gratificati dalla possibilità di raggiungere dei livelli operativi tali da garantirgli non solo un ritorno economico importante ma anche il raggiungimento di una sostanziale impunità, sviluppando una progressiva forma autoreferenziale di superiorità, motivo per il quale ci sono state delle “smagliature” che successivamente sono state disattivate, quando non sono più state utili al programma di volta in volta applicato.
Gli operatori della falange armata hanno avuto delle competenze specifiche nelle attività di captazione elettronica, di mascheramento, di intercettazione e di penetrazione di sistemi elettronici, oltre alla specifica competenza nel porre in essere quei depistaggi “psicologici” capaci non di indurre un inquirente verso una falsa pista investigativa, ma di confonderlo rispetto all’origine di coloro che hanno posto in essere dei fatti gravi. Gravi per la collettività, ma accettabili nel loro costo di innocenti vite umane se visto all’interno di un programma di destabilizzazione e di stabilizzazione di un assetto politico e soprattutto militare.
La falange armata è stata una operazione modello, continuata e mai inquinata, compartimentata e soprattutto posta in sonno e mai disattivata da parte di un organo inquirente o ispettivo, ha raggiunto i propri obiettivi ed è stata semplicemente conclusa, i cui operativi hanno continuato a fare il proprio lavoro dedicandosi ad altre operazioni, lasciando gli inquirenti impegnati ad inseguire una “organizzazione” e non una semplice “operazione” con un nulla di fatto o con l’arresto di mere ignare pedine o di qualche povero innocente sacrificato per confondere gli inquirenti, il quale si è fatto qualche mese di galera ingiustamente la cui vita è stata rovinata.
Laddove sono stati adombrati dei sospetti nei confronti dei paracadutisti indicati come i responsabili di questa sigla, immediatamente questi hanno cambiato la sezione operativa, rimbalzando da un raggruppamento ad una unità, transitando dal proprio reparto di origine alle collaborazioni “esterne” ma sono sempre rimasti operativamente validi, mai resi deboli e soprattutto mai considerati effettivamente colpevoli di qualcosa, laddove eventualmente lo fossero stati.
Omicidi, rapine, attentati, sequestri, introduzione in opere militari e politiche, trafugamento di armi istituzionali, addestramento di civili in attività militari, spionaggio politico e militare, intercettazioni illecite, violazione ed utilizzazione di un segreto d’ufficio, peculato, attentanto alla democrazia ed altro ancora è ciò che l’operazione falange armata ha posto in essere fra il 1985 ed il 1994 attraverso gli operatori attivati, singolarmente o in piccole squadre. Livorno ha certamente ospitato questi operatori, i quali non hanno potuto porre in essere le loro attività senza una rete di complicità e soprattutto di copertura offerta dalla già esistente rete che ha gestito e manipolato persone inserite all’interno di uffici istituzionali, che ha gestito l’erogazione di informative depistanti o peggio ancora utili per disattivare un soggetto considerato un rischio per i propri interessi, facendolo arrestare per reati mai avvenuti, ma denunciati da confidenti prezzolati oppure da transessuali utilizzati al fine di screditare la personalità di un soggetto, perchè come ho detto, la psicologia, nelle attività dell’operazione falange armata è stata alla base di ogni programma.
C’è stato, nell’autunno del 1986, un giovane paracadutista di carriera che aveva compreso che alcune efferate rapine compiute da una banda in Emilia Romagna (formata da un ex parà e non quella della uno bianca che sarebbe stata attivata poco dopo) avevano delle caratteristiche militari comuni al suo addestramento, il quale si è rifiutato di partecipare a talune attività, il quale è stato nel dicembre 1986 denunciato da un transessuale, povero soggetto debole gestito e manipolato da un operatore istituzionale. Quest’ultimo ha sviluppato in oltre un anno una informativa, non inviata immediatamente alla AG ma utilizzata ai fini di pressione contro il giovane parà che una volta preso atto della sua inutilità è stata inoltrata causandone l’arresto nel 1988, accusato di rapina è finito perciò in galera, rovinato socialmente e professionalmente e soprattutto screditato di fronte ai propri colleghi eventualmente capaci di rendere testimonianza; perchè l’isolamento all’interno di un reparto d’azione avviene non per cause legate a fatti violenti, ma per il timore di essere accomunati ad un collega che “dicono” essere mezzo “frocio”, amante di transessuali oppure mezzo pazzo, descrizione che è stata applicata in ogni fatto di cronaca che ha riguardato un paracadutista.
Il paradosso e la magnificenza dell’operazione falange armata è stato proprio quello di utilizzare quello stesso paracadutista, posto in un supercarcere per 77 giorni, come un operatore idoneo per penetrare le celle di terroristi e trafficanti di armi e piazzare i sistemi di captazione dei colloqui ambientali, il quale pur se sottoposto a continue vessazioni all’interno di una gabbia, sia dalle guardie che dai detenuti, posto in un carcere civile e non militare perchè chirurgicamente posto in congedo poche settimane prima, pur se ingiustamente arrestato proprio a causa dei propri colleghi, pur se cosciente di essere stato sostanzialmente depersonalizzato ha comunque condotto positivamente il proprio lavoro, accettandone gli elevati rischi di ritorsione da parte di questi soggetti attenzionati, con i quali condivideva la prigionia.
Questa è la “psicologia” di cui parlo, il condizionamento e la dipendenza per la quale un giovane operatore resta fedele al proprio reparto ed al proprio comandante nonostante questi siano la causa della propria situazione, accettata però come una forma di addestramento, proprio per dimostrare la capacità di gestire situazioni fisiche e psicologiche estreme e di eseguire lo stesso gli ordini ricevuti, perchè la caratteristica degli operatori speciali è proprio questa, gestire lo stress in situazioni estreme ed ostili e compiere il proprio dovere ugualmente con il raggiungimento della missione. Per riuscire a farlo l’addestramento, parallelo e clandestino, che conducono nel corso di almeno tre anni, non lo gestiscono le educande di un convento ma dei soggetti che del dolore fisico e della mortificazione psicologica fanno la base di questa formazione alla quale, se superata, segue la competenza tecnica di elevata qualità, che associata alla capacità non solo di lanciarsi col paracadute, immergersi, arrampicarsi, combattere con e senza le armi, parlare più lingue, medicare ed automedicarsi, uccidere, manipolare fanno di un simile operatore un soggetto od una aliquota idonea per condurre delle operazioni clandestine a lungo termine, anche dietro le linee nemiche, autonomamente e svincolato per lunghi periodi da una struttura di comando e controllo, quindi capace di organizzare e porre in essere delle attività il cui risultato è atteso in tempi lunghi, diverso dalle semplici operazioni militari speciali per le quali vengono impiegati i più “semplici” incursori. Questo giovane paracadutista è stata la “cavia” per la quale da quella operazione, i cui risultati sono stati positivi, è stata ampliata l’operazione falange armata che da quel periodo sarebbe diventata falange armata carceraria per poi alternare le varie rivendicazioni negli anni successivi con le due sigle. L’omicidio in danno dell’operatore carcerario Scalone non è un fatto casuale ma la disattivazione di una smagliatura. Questi atti sono stati compiuti da parte di soggetti che hanno avuto modo ed opportunità non solo di gestire l’apparato di veicolazione delle informazioni di Polizia e d’intelligence istituzionale, quindi accreditati dai necessari NOS, ma anche di gestire lo strumento idoneo per veicolare false notizie di Polizia e d’intelligence in danno di soggetti che per varie ragioni hanno rappresentato un rischio o una smagliatura, fino alla eleminazione fisica laddove ve ne fosse stata l’esigenza. Chi ha gestito questa operazione è stato formato nelle migliori scuole di guerra psicologica ed ha avuto ai suoi ordini degli operatori capaci di dissimulare una operazione illegale trasformandola in una attività d’istituto, capaci di manipolare l’operato di ingari poliziotti e carabinieri con false informative, fino a rendere il soggetto attenzionato completamente screditato, oppure interdetto, o alla peggio farlo ritrovare morto in circostanze ambigue, legate a strani interessi sessuali, ritrovato in un località specifica rispetto a luoghi di scambi e d’incontri omosessuali, ucciso con il coltello da un amante occasionale e finito a pietrate, o addirittura dimostrare che era appena stato in casa di un transessuale per un “convegno carnale”, fatti poi ben relazionati in una conferenza stampa che riporterà negli articoli di cronaca quanto detto in buona fede da autorevoli rappresentanti delle FF.PP che hanno raccolto le varie informative, sia confidenziali che riservate ed hanno elaborato il contenuto delle notizie fino ad allora conosciute fra le quali spicca proprio il luogo ove è stato ritrovato il corpo, come detto luogo di scambi sessuali ambigui nei quali nessuno vuole essere coinvolto, specialmente sui giornali. Questo è un esempio classico per interdire a basso costo un potenziale soggetto, con il semplice uso del proprio ufficio. Chi ha gestito e preso parte alla operazione falange armata è stato anche a lungo a Livorno, ove ha veicolato false informative, ove ha gestito il proprio ufficio dal quale ha presumibilmente potuto apprendere notizie utili per capire cosa ha causato la collisione del Moby Prince e la morte di almeno 140 persone. L’operazione falange armata ha rivendicato molti attentati avvenuti nel nostro paese, sempre dopo però, mai prima o nel tempo tecnico fra l’acquisizione della notizia e la sua divulgazione, ma l’ha fatto in modo tecnico, con gerco specifico, non sempre ma spesso, l’ha fatto dimostrando di conoscere dei dettagli, apparentemente insignificanti rispetto alla natura di un evento giuridico, ma troppo specifici sul conto degli inquirenti o degli strumenti da loro usati, tanto da voler dimostrare il proprio potere all’interno delle strutture dello Stato. Questi operatori non hanno mai dissimulato il proprio potere d’azione, specialmente in campo elettronico, capaci di intercettare e di penetrare dei sistemi computerizzati di elevato spessore, anzi al contrario hanno sempre lanciato dei messaggi cifrati all’indirizzo degli inquirenti, raramente raccolti, perchè ritenuti depistanti o confusivi rispetto alle indagini, vero, ma vero anche che la strumentalizzazione della magistratura è stata una delle risorse per disattivare una smagliatura, offrendo l’opportunità per arrestarla dopo che ha commesso numerosi omicidi, come nel caso della c.d. banda della una bianca. L’operazione falange armata ha visto i natali dentro le istituzioni dello Stato, i cui responsabili hanno molte medaglie sul petto, anche meritate perchè fondamentalmente validi ed operativi nel loro servizio, ma non per questo necessariamente meno pericolosi. La rilettura storica di alcuni fascicoli processuali, il riscontro fra le notizie di Polizia scritte con dei fatti effettivamente accaduti, il confronto fra chi ha ricevuto quelle notizie e chi le ha originariamente erogate, laddove possibile, potrebbe fornire la conoscenza per comprendere come un depistaggio istituzionale può facilmente essere condotto in danno non solo del soggetto che ne subisce direttamente le conseguenze ma soprattutto della verità, giudiziaria, politica e storica di un evento grave che ha colpito il nostro paese, dalle bombe ai traghetti in collisione…”
Secondo quanto riferito da Fabio Piselli l’operazione Falange Armata, nata dentro le Istituzioni dello Stato, sarebbe un’ operazione modello, continuata e mai inquinata, compartimentata e soprattutto posta in sonno e mai disattivata che avrebbe posto in essere, dal 1985 al 1994, omicidi, rapine, attentati, sequestri, introduzione in opere militari e politiche, trafugamento di armi istituzionali, addestramento di civili in attività militari, spionaggio politico e militare, intercettazioni illecite, violazione ed utilizzazione di un segreto d’ufficio, peculato, attentato alla democrazia ed altro ancora.
Se ciò che ha scritto Fabio Piselli sia vero sarà compito della magistratura accertarlo (questa volta speriamo non ci vogliano decenni).
Ma se il condizionale è d’obbligo è anche opportuno sottolineare che, quanto scritto nell’articolo citato, non rappresenterebbe una novità per la nostra Repubblica, ma una costante.
Infatti episodi analoghi, in passato, sono stati accertati in sentenze ed in atti di Commissioni stragi.
Il meccanismo è sempre lo stesso.
1Tratto dal sito http://www.strano.net/stragi/
2op. cit http://www.strano.net/stragi/
3Tratto dal sito http://www.osservatoriosullalegalita.org/a/approfondimenti/mp/mp05.htm cronologia di tangentopoli
4op. cit. http://www.strano.net/stragi/
5op. cit. cronologia di tangentopoli
6op. cit. cronologia di tangentopoli
7op. cit. cronologia di tangentopoli
8op. cit. cronologia di tangentopoli
9op. cit. cronologia di tangentopoli
10op. cit. cronologia di tangentopoli
11op. cit. cronologia di tangentopoli
Anonimo
21 Gennaio 2008 @ 16:53
Solange complimenti è molto interessante quello che hai scritto
Volevo chiederti quale è la connessione tra la falange armata e la Uno Bianca e soprattutto tra la prima e la mafia visto che alcune stragi che hai citato sono di stampo mafioso…
Grazie ciao
Solange Manfredi
21 Gennaio 2008 @ 17:14
Caro Anonimo,
la connessione tra la falange armata e la banda della uno bianca è spiegata da Fabio Piselli nel suo articolo. Infatti vi è scritto che chi partecipava a questa “operazione” era gratificato, tra le altre cose, dal raggiungimento di una “sostanziale impunità… motivo per il quale ci sono state delle “smagliature” che successivamente sono state disattivate…la strumentalizzazione della magistratura è stata una delle risorse per disattivare una smagliatura, offrendo l’opportunità per arrestarla dopo che ha commesso numerosi omicidi, come nel caso della c.d. banda della una bianca”.
Per quanto concerne le stragi che ho citato queste sono state eseguite da mafiosi, ma è stato anche accertato in sentenza che la mafia eseguiva ordini di una “entità” esterna. Ovviamente non si è mai giunti a scoprire quale fosse questa entità o questo livello superiore, anche perché, quando ci si è avvicinati, il pool che indagava è stato immediatamente sciolto (vedi mio articolo del 30 novembre 2007 qui sul blog). Purtroppo con un’opera di disinformazione straordinaria nella mente degli italiani è rimasta l’idea che le stragi citate fossero stragi di mafia. No, i mafiosi erano gli esecutori, i mandanti occulti si stanno ancora cercando.
Paolo
24 Maggio 2019 @ 10:38
Non ho molta esperienza in queste cose, ma leggendo un libro (Colonia Italia di Giovanni Fasanella) ed altre fonti non è difficile pensare che dietro a queste mostruose attività criminali si nasconde la mano anglosassone. L’Italia è uno dei principali bocconi preziosi per la geostrategia di tutte le potenze dato che controlla tutto il Mediterraneo per mare, terra, cielo. Ogni cosa che sia aggregante nello spirito di nazione/partito/sindacato/movimento viene regolarmente distrutto, denigrato e alla peggio eliminato fisicamente. Inoltre, se si studia bene la storia, ricordiamoci che Churchill, all’indomai della fine della guerra, affermò che in Italia NON ci potranno mai essere governi stabili di unità nazione e qualora si intravvedessero si dovrà fare di tutto per smembrarli.
I risultati in questi ultimi 70 anni li abbiamo visti.
michelangelo
21 Gennaio 2008 @ 18:44
…e film come il Capo dei Capi non aiutano a informare…
Anonimo
21 Gennaio 2008 @ 21:47
http://www.uonna.it/ragnatela1.htm
cives
22 Gennaio 2008 @ 18:47
spero scriverete un giorno di calciopoli. ho seguito solo in parte i fatti di quei giorni e di quanto successo in seguito. sono juventino, tifoso moderato, ma quanto accaduto mi ha lasciato molto perplesse. e sopratutto mi sembra strano il comportamento di tanto che hanno evitato di fare due più due quando era normale aspettarsi che lo facessero. la juventus ha pagato con retrocessione e con perdita di due scudetti, sanzioni, specialmente quello della revoca IN FAVORE DELL’INTER, degli scudetti che sono inspiegabili sotto ogni logica. il commissario rossi che ha deciso le sorti del calcio italiano, e delle cui decisioni ha beneficiato sopratutto l’inter, ha fatto parte del cda dell’inter e della gazzetta dello sport. squadre che hanno tesserato illecitamente ittadini extracomunitari, comportamento per il quale hanno subito condanne (inter e altre) non solo non hanno pagato ma hanno visto attribuirsi ex officio (inter) scudetti per meriti morali… però legati (l’inter moratti lo stesso rossi)con il signor tronchetti provera, con la telecom, quella delle intercettazioni illecite (ordinate anche da moratti, almeno per i suoi giocatori. e quelle in cui è stato coinvolto luciano moggi dirigente juve…). anche il milano avrebbe dovuto pagare se non con la b si disse almeno con penalizzazioni di punti che non ne permettesse lka pèartecipazione alla coppa dei campioni, invece, ma guarda un po, per un imperdonabile distrazione (mah….) riesce ad avere tolti proprio i npunti giusti per riuscire ad entrare, per un pelino (ma guarda un po…) nel gruppo delle 4 di testa. certo moggi si presta a passare per il boss del giro….ed è stato tutto facile per chi ha la faccia pulita. anche il signor facchetti, al tempo dirigente inter, ce l’aveva pulita la faccia, ma anche lui come e più di moggi incontrava gli arbitri, ci andava a cena insieme, però aveva un così bell’accento nordico che….mah. spero siate informati sulla vicenda e sappiate chiarire quali i legami tra telecom polis d’istinto tronchetti e bovemoratti rossi il milan meani e le altre squadre, e moggi e del piero i tifosi di calcio e gli italiani perchè quanto ho sentito sino ad oggi sono solo discorsi a metà. non si tirano mai le conseguenze logiche in questo genere di vicende. attendo di conoscere il vostro parere e le vostre impressioni e certezze. grazie
Solange Manfredi
25 Gennaio 2008 @ 16:45
Mi dispiace Cives ma non ho approfondito l’argomento calciopoli.
Un saluto
cives
26 Gennaio 2008 @ 13:33
L’Istituto Opere Religiose è la banca del Vaticano. In deposito 5 miliardi di euro
Ai correntisti offre rendimenti record, impermeabilità ai controlli e segretezza totale
Scandali, affari e misteri
tutti i segreti dello Ior
di CURZIO MALTESE
Scandali, affari e misteri tutti i segreti dello Ior
LA CHIESA cattolica è l’unica religione a disporre di una dottrina sociale, fondata sulla lotta alla povertà e la demonizzazione del danaro, “sterco del diavolo”. Vangelo secondo Matteo: “E’ più facile che un cammello passi nella cruna dell’ago, che un ricco entri nel regno dei cieli”. Ma è anche l’unica religione ad avere una propria banca per maneggiare affari e investimenti, l’Istituto Opere Religiose.
La sede dello Ior è uno scrigno di pietra all’interno delle mura vaticane. Una suggestiva torre del Quattrocento, fatta costruire da Niccolò V, con mura spesse nove metri alla base. Si entra attraverso una porta discreta, senza una scritta, una sigla o un simbolo. Soltanto il presidio delle guardie svizzere notte e giorno ne segnala l’importanza. All’interno si trovano una grande sala di computer, un solo sportello e un unico bancomat. Attraverso questa cruna dell’ago passano immense e spesso oscure fortune. Le stime più prudenti calcolano 5 miliardi di euro di depositi. La banca vaticana offre ai correntisti, fra i quali come ha ammesso una volta il presidente Angelo Caloia “qualcuno ha avuto problemi con la giustizia”, rendimenti superiori ai migliori hedge fund e un vantaggio inestimabile: la totale segretezza. Più impermeabile ai controlli delle isole Cayman, più riservato delle banche svizzere, l’istituto vaticano è un vero paradiso (fiscale) in terra. Un libretto d’assegni con la sigla Ior non esiste. Tutti i depositi e i passaggi di danaro avvengono con bonifici, in contanti o in lingotti d’oro. Nessuna traccia.
Da vent’anni, quando si chiuse il processo per lo scandalo del Banco Ambrosiano, lo Ior è un buco nero in cui nessuno osa guardare. Per uscire dal crac che aveva rovinato decine di migliaia di famiglie, la banca vaticana versò 406 milioni di dollari ai liquidatori. Meno di un quarto rispetto ai 1.159 milioni di dollari dovuti secondo l’allora ministro del Tesoro, Beniamino Andreatta. Lo scandalo fu accompagnato da infinite leggende e da una scia di cadaveri eccellenti. Michele Sindona avvelenato nel carcere di Voghera, Roberto Calvi impiccato sotto il ponte dei Frati Neri a Londra, il giudice istruttore Emilio Alessandrini ucciso dai colpi di Prima Linea, l’avvocato Giorgio Ambrosoli freddato da un killer della mafia venuto dall’America al portone di casa.
Senza contare il mistero più inquietante, la morte di papa Luciani, dopo soli 33 giorni di pontificato, alla vigilia della decisione di rimuovere Paul Marcinkus e i vertici dello Ior. Sull’improvvisa fine di Giovanni Paolo I si sono alimentate macabre dicerie, aiutate dalla reticenza vaticana. Non vi sarà autopsia per accertare il presunto e fulminante infarto e non sarà mai trovato il taccuino con gli appunti sullo Ior che secondo molti testimoni il papa portò a letto l’ultima notte.
Era lo Ior di Paul Marcinkus, il figlio di un lavavetri lituano, nato a Cicero (Chicago) a due strade dal quartier generale di Al Capone, protagonista di una delle più clamorose quanto inspiegabili carriere nella storia recente della chiesa. Alto e atletico, buon giocatore di baseball e golf, era stato l’uomo che aveva salvato Paolo VI dall’attentato nelle Filippine. Ma forse non basta a spiegare la simpatia di un intellettuale come Montini, autore della più avanzata enciclica della storia, la Populorum Progressio, per questo prete americano perennemente atteggiato da avventuriero di Wall Street, con le mazze da golf nella fuoriserie, l’Avana incollato alle labbra, le stupende segreterie bionde e gli amici di poker della P2.
Con il successore di papa Luciani, Marcinkus trova subito un’intesa. A Karol Wojtyla piace molto quel figlio di immigrati dell’Est che parla bene il polacco, odia i comunisti e sembra così sensibile alle lotte di Solidarnosc. Quando i magistrati di Milano spiccano mandato d’arresto nei confronti di Marcinkus, il Vaticano si chiude come una roccaforte per proteggerlo, rifiuta ogni collaborazione con la giustizia italiana, sbandiera i passaporti esteri e l’extraterritorialità. Ci vorranno altri dieci anni a Woytjla per decidersi a rimuovere uno dei principali responsabili del crac Ambrosiano dalla presidenza dello Ior. Ma senza mai spendere una parola di condanna e neppure di velata critica: Marcinkus era e rimane per le gerarchie cattoliche “una vittima”, anzi “un’ingenua vittima”.
Dal 1989, con l’arrivo alla presidenza di Angelo Caloia, un galantuomo della finanza bianca, amico e collaboratore di Gianni Bazoli, molte cose dentro lo Ior cambiano. Altre no. Il ruolo di bonificatore dello Ior affidato al laico Caloia è molto vantato dalle gerarchie vaticane all’esterno quanto ostacolato all’interno, soprattutto nei primi anni. Come confida lo stesso Caloia al suo diarista, il giornalista cattolico Giancarlo Galli, autore di un libro fondamentale ma introvabile, Finanza bianca (Mondadori, 2003). “Il vero dominus dello Ior – scrive Galli – rimaneva monsignor Donato De Bonis, in rapporti con tutta la Roma che contava, politica e mondana. Francesco Cossiga lo chiamava Donatino, Giulio Andreotti lo teneva in massima considerazione. E poi aristocratici, finanzieri, artisti come Sofia Loren. Questo spiegherebbe perché fra i conti si trovassero anche quelli di personaggi che poi dovevano confrontarsi con la giustizia. Bastava un cenno del monsignore per aprire un conto segreto”.
A volte monsignor De Bonis accompagnava di persona i correntisti con i contanti o l’oro nel caveau, attraverso una scala, in cima alla torre, “più vicino al cielo”. I contrasti fra il presidente Caloia e De Bonis, in teoria sottoposto, saranno frequenti e duri. Commenta Giancarlo Galli: “Un’aurea legge manageriale vuole che, in caso di conflitto fra un superiore e un inferiore, sia quest’ultimo a soccombere. Ma essendo lo Ior istituzione particolarissima, quando un laico entra in rotta di collisione con una tonaca non è più questione di gradi”.
La glasnost finanziaria di Caloia procede in ogni caso a ritmi serrati, ma non impedisce che l’ombra dello Ior venga evocata in quasi tutti gli scandali degli ultimi vent’anni. Da Tangentopoli alle stragi del ’93 alla scalata dei “furbetti” e perfino a Calciopoli. Ma come appare, così l’ombra si dilegua. Nessuno sa o vuole guardare oltre le mura impenetrabili della banca vaticana.
L’autunno del 1993 è la stagione più crudele di Tangentopoli. Subito dopo i suicidi veri o presunti di Gabriele Cagliari e di Raul Gardini, la mattina del 4 ottobre arriva al presidente dello Ior una telefonata del procuratore capo del pool di Mani Pulite, Francesco Saverio Borrelli: “Caro professore, ci sono dei problemi, riguardanti lo Ior, i contatti con Enimont…”. Il fatto è che una parte considerevole della “madre di tutte le tangenti”, per la precisione 108 miliardi di lire in certificati del Tesoro, è transitata dallo Ior. Sul conto di un vecchio cliente, Luigi Bisignani, piduista, giornalista, collaboratore del gruppo Ferruzzi e faccendiere in proprio, in seguito condannato a 3 anni e 4 mesi per lo scandalo Enimont e di recente rispuntato nell’inchiesta “Why Not” di Luigi De Magistris. Dopo la telefonata di Borrelli, il presidente Caloia si precipita a consulto in Vaticano da monsignor Renato Dardozzi, fiduciario del segretario di Stato Agostino Casaroli. “Monsignor Dardozzi – racconterà a Galli lo stesso Caloia – col suo fiorito linguaggio disse che ero nella merda e, per farmelo capire, ordinò una brandina da sistemare in Vaticano. Mi opposi, rispondendogli che avrei continuato ad alloggiare all’Hassler. Tuttavia accettai il suggerimento di consultare d’urgenza dei luminari di diritto. Una risposta a Borrelli bisognava pur darla!”. La risposta sarà di poche ma definitive righe: “Ogni eventuale testimonianza è sottoposta a una richiesta di rogatoria internazionale”.
I magistrati del pool valutano l’ipotesi della rogatoria. Lo Ior non ha sportelli in terra italiana, non emette assegni e, in quanto “ente fondante della Città del Vaticano”, è protetto dal Concordato: qualsiasi richiesta deve partire dal ministero degli Esteri. Le probabilità di ottenere la rogatoria in queste condizioni sono lo zero virgola. In compenso l’effetto di una richiesta da parte dei giudici milanesi sarebbe devastante sull’opinione pubblica. Il pool si ritira in buon ordine e si accontenta della spiegazione ufficiale: “Lo Ior non poteva conoscere la destinazione del danaro”.
Il secondo episodio, ancora più cupo, risale alla metà degli anni Novanta, durante il processo per mafia a Marcello Dell’Utri. In video conferenza dagli Stati Uniti il pentito Francesco Marino Mannoia rivela che “Licio Gelli investiva i danari dei corleonesi di Totò Riina nella banca del Vaticano”. “Lo Ior garantiva ai corleonesi investimenti e discrezione”. Fin qui Mannoia fornisce informazioni di prima mano. Da capo delle raffinerie di eroina di tutta la Sicilia occidentale, principale fonte di profitto delle cosche. Non può non sapere dove finiscono i capitali mafiosi. Quindi va oltre, con un’ipotesi. “Quando il Papa (Giovanni Paolo II, ndr) venne in Sicilia e scomunicò i mafiosi, i boss si risentirono soprattutto perché portavano i loro soldi in Vaticano. Da qui nacque la decisione di far esplodere due bombe davanti a due chiese di Roma”. Mannoia non è uno qualsiasi.
E’ secondo Giovanni Falcone “il più attendibile dei collaboratori di giustizia”, per alcuni versi più prezioso dello stesso Buscetta. Ogni sua affermazione ha trovato riscontri oggettivi. Soltanto su una non si è proceduto ad accertare i fatti, quella sullo Ior. I magistrati del caso Dell’Utri non indagano sulla pista Ior perché non riguarda Dell’Utri e il gruppo Berlusconi, ma passano le carte ai colleghi del processo Andreotti. Scarpinato e gli altri sono a conoscenza del precedente di Borrelli e non firmano la richiesta di rogatoria. Al palazzo di giustizia di Palermo qualcuno in alto osserva: “Non ci siamo fatti abbastanza nemici per metterci contro anche il Vaticano?”.
Sulle trame dello Ior cala un altro sipario di dieci anni, fino alla scalata dei “furbetti del quartierino”. Il 10 luglio dell’anno scorso il capo dei “furbetti”, Giampiero Fiorani, racconta in carcere ai magistrati: “Alla Bsi svizzera ci sono tre conti della Santa Sede che saranno, non esagero, due o tre miliardi di euro”. Al pm milanese Francesco Greco, Fiorani fa l’elenco dei versamenti in nero fatti alle casse vaticane: “I primi soldi neri li ho dati al cardinale Castillo Lara (presidente dell’Apsa, l’amministrazione del patrimonio immobiliare della chiesa, ndr), quando ho comprato la Cassa Lombarda. M’ha chiesto trenta miliardi di lire, possibilmente su un conto estero”.
Altri seguiranno, molti a giudicare dalle lamentele dello stesso Fiorani nell’incontro con il cardinale Giovanni Battista Re, potente prefetto della congregazione dei vescovi e braccio destro di Ruini: “Uno che vi ha sempre dato i soldi, come io ve li ho sempre dati in contanti, e andava tutto bene, ma poi quando è in disgrazia non fate neanche una telefonata a sua moglie per sapere se sta bene o male”.
Il Vaticano molla presto Fiorani, ma in compenso difende Antonio Fazio fino al giorno prima delle dimissioni, quando ormai lo hanno abbandonato tutti. Avvenire e Osservatore Romano ripetono fino all’ultimo giorno di Fazio in Bankitalia la teoria del “complotto politico” contro il governatore. Del resto, la carriera di questo strano banchiere che alle riunioni dei governatori centrali non ha mai citato una volta Keynes ma almeno un centinaio di volte le encicliche, si spiega in buona parte con l’appoggio vaticano. In prima persona di Camillo Ruini, presidente della Cei, e poi di Giovanni Battista Re, amico intimo di Fazio, tanto da aver celebrato nel 2003 la messa per il venticinquesimo anniversario di matrimonio dell’ex governatore con Maria Cristina Rosati.
Naturalmente neppure i racconti di Fiorani aprono lo scrigno dei segreti dello Ior e dell’Apsa, i cui rapporti con le banche svizzere e i paradisi fiscali in giro per il mondo sono quantomeno singolari. E’ difficile per esempio spiegare con esigenze pastorali la decisione del Vaticano di scorporare le Isole Cayman dalla naturale diocesi giamaicana di Kingston, per proclamarle “missio sui iuris” alle dirette dipendenze della Santa Sede e affidarle al cardinale Adam Joseph Maida, membro del collegio dello Ior.
Il quarto e ultimo episodio di coinvolgimento dello Ior negli scandali italiani è quasi comico rispetto ai precedenti e riguarda Calciopoli. Secondo i magistrati romani Palamara e Palaia, i fondi neri della Gea, la società di mediazione presieduta dal figlio di Moggi, sarebbero custoditi nella banca vaticana. Attraverso i buoni uffici di un altro dei banchieri di fiducia della Santa Sede dalla fedina penale non immacolata, Cesare Geronzi, padre dell’azionista di maggioranza della Gea. Nel caveau dello Ior sarebbe custodito anche il “tesoretto” personale di Luciano Moggi, stimato in 150 milioni di euro. Al solito, rogatorie e verifiche sono impossibili. Ma è certo che Moggi gode di grande considerazione in Vaticano. Difeso dalla stampa cattolica sempre, accolto nei pellegrinaggi a Lourdes dalla corte di Ruini, Moggi è da poco diventato titolare di una rubrica di “etica e sport” su Petrus, il quotidiano on-line vicino a papa Benedetto XVI, da dove l’ex dirigente juventino rinviato a giudizio ha subito cominciato a scagliare le prime pietre contro la corruzione (altrui).
Con l’immagine di Luciano Moggi maestro di morale cattolica si chiude l’ultima puntata dell’inchiesta sui soldi della Chiesa. I segreti dello Ior rimarranno custoditi forse per sempre nella torre-scrigno. L’epoca Marcinkus è archiviata ma l’opacità che circonda la banca della Santa Sede è ben lontana dallo sciogliersi in acque trasparenti. Si sa soltanto che le casse e il caveau dello Ior non sono mai state tanto pingui e i depositi continuano ad affluire, incoraggiati da interessi del 12 per cento annuo e perfino superiori. Fornire cifre precise è, come detto, impossibile. Le poche accertate sono queste. Con oltre 407 mila dollari di prodotto interno lordo pro capite, la Città del Vaticano è di gran lunga lo “stato più ricco del mondo”, come si leggeva nella bella inchiesta di Marina Marinetti su Panorama Economy. Secondo le stime della Fed del 2002, frutto dell’unica inchiesta di un’autorità internazionale sulla finanza vaticana e riferita soltanto agli interessi su suolo americano, la chiesa cattolica possedeva negli Stati Uniti 298 milioni di dollari in titoli, 195 milioni in azioni, 102 in obbligazioni a lungo termine, più joint venture con partner Usa per 273 milioni.
Nessuna autorità italiana ha mai avviato un’inchiesta per stabilire il peso economico del Vaticano nel paese che lo ospita. Un potere enorme, diretto e indiretto. Negli ultimi decenni il mondo cattolico ha espugnato la roccaforte tradizionale delle minoranze laiche e liberali italiane, la finanza. Dal tramonto di Enrico Cuccia, il vecchio azionista gran nemico di Sindona, di Calvi e dello Ior, la “finanza bianca” ha conquistato posizioni su posizioni. La definizione è certo generica e comprende personaggi assai distanti tra loro. Ma tutti in relazione stretta con le gerarchie ecclesiastiche, con le associazioni cattoliche e con la prelatura dell’Opus Dei. In un’Italia dove la politica conta ormai meno della finanza, la chiesa cattolica ha più potere e influenza sulle banche di quanta ne avesse ai tempi della Democrazia Cristiana.
(Hanno collaborato Carlo Pontesilli e Maurizio Turco)
cives
26 Gennaio 2008 @ 13:34
per i pochi cui fosse sfuggito l’articolo su repubblica.
Solange Manfredi
26 Gennaio 2008 @ 17:21
Caro Cives,
grazie dell’articolo postato, mi era sfuggito. Nei prossimi articoli parleremo sicuramente di Sindona, Calvi, Ior, Cuccia, ecc..
Un saluto
elbarzo
28 Gennaio 2008 @ 13:55
A margine della discussione: riflettevo ieri, vedendo Eyes Wide Shut, che il grande regista Kubrik è morto proprio durante la realizzazione di un film in cui esce fuori una sorta di denuncia contro una setta segreta.
Qualcuno ha informazioni sull’appartenenza del sommo maestro alla massoneria o simili? Perchè la denuncia al potere è aperta.
Anonimo
30 Gennaio 2008 @ 11:15
Stanley Kubrick è stato un regista per certi versi geniale ma anche molto chiacchierato. Non vi sono dati certi su un coinvolgimento di Kubrick con la massoneria o le attività di strutture di intelligence di Sua Maestà, legate forse al Tavistock Institute. Resta il fatto che bisognerebbe inquadrare la sua attività registica all’interno di un contesto molto più ampio di quanto faccia la maggioranza dei critici cinematografici, la cui miopia e autoreferenzialità fanno molto comodo all’industria dello spettacolo ed ai cosiddetti Perception Managers.
Anonimo
30 Gennaio 2008 @ 11:54
su repubblica di martedì 29 gennaio. artcolo con intervista a boemi che lascia la dda calabrese. richiamo alla massoneria nel titolo a nell’artcolo: comandano gli invisibili: massoneria deviata che guida le ali criminali della ndrangheta. …”.
Anonimo
31 Gennaio 2008 @ 15:41
Professore è da un po’ che non abbiamo sue notizie. non ci faccia stare in pensiero. le ho lasciato un messaggio nel post col video di travaglio
JL
Paolo Franceschetti
31 Gennaio 2008 @ 21:39
Ciao Jl….
Non sare in pensiero. Oramai hanno provato tre volte a farmi (e farci) la pelle con dei finti incidenti e quindi credo che i tentativi siano finiti. Avendo scritto ciò che ci è successo questo dovrebbe preservarci per un po’ da ulteriori incidenti che altrimenti sarebbero decisamente sospetti (ma il condizionale è d’obbligo…la certezza ce la potrebbe dare solo Dio).
Il silenzio è dipeso dagli impegni miei ma anche di Solange. Ma da questo week end riprendiamo a pubblicare gli articoli.
Ciao ciao
elbarzo
1 Febbraio 2008 @ 11:02
tanto per non sentirci soli..
http://www.danielemartinelli.it/index.php/2008/02/01/massoneria-fuorilegge-a-32-denti/#comments
Solange Manfredi
1 Febbraio 2008 @ 17:25
Caro Prof, perchè non scriviamo anche che fonte attendibile ci ha consigliato, giusto la settimana scorsa, di stare molto attenti a bere il caffè? Se scriverlo può aiutare….scriviamolo! Sono proprio stufa di bere il caffè (bevanda che adoro) con l’ansia 🙂
Claudio
2 Febbraio 2008 @ 16:32
Paolo, Solange…ho appena letto una cosa strana…sul gossip di Tiscali.it…”La venerabile Cicciolina per rinnovare la Massoneria”(!!!)…cos’è ‘sta storia? è una presa in giro o la dimostrazione che stanno veramente cadendo sempre più basso? e poi quel “venerabile” puzza un pò…ditemi cosa ne pensate, ciao
Solange Manfredi
3 Febbraio 2008 @ 8:05
Ciao Claudio, forse si riferisce all’articolo apparso il 12 gennaio sul messaggero:
Dal Messaggero
Cicciolina e il Gran Maestro – ghiaccio bollente e champagne
(Come diceva Flaiano, Roma è una grande capitale e una città di provincia.)
Lei: Ilona Staller, in arte Cicciolina. Lui: Illustrissimo e Veneratissimo Gran Maestro della Loggia Regolare d’Italia. La ex pornostar e il massone in carriera, due personaggi provenienti da due mondi che più estranei non potrebbero apparire. L’altra sera erano insieme allo Zen, elegante ristorante giapponese in Prati. Sono arrivati intorno alle otto, si sono trattenuti una mezz’ora, il tempo di un aperitivo. Cicciolina, 56 primavere che non si arrendono al tempo, era in bianco totale, gonna corta, tacchi a spillo, le labbra incendiate da un rossetto scarlatto. Il Gran Maestro, 40 e passa, prestante, i capelli sale e pepe, impeccabile in giacca e cravatta. Vista l’ora, pochi i presenti, atmosfera silenziosa e rilassante. La strana coppia occupa un tavolo, solo champagne e qualche cosina da spizzicare. Lui fa il piacione, lei apprezza, lui ha una voce squillante e non tiene basso il volume. Ecco i momenti salienti della sua tecnica seduttiva. Si sfila l’anellone (oro giallo con squadra e compasso in rilievo, simboli della massoneria) e lo tuffa nello champagne invitandola a bere: “Proverai il sapore del potere….” Cicciolina divertita, alza la coppa con l’anellone dentro e sorseggia, attenta a non ingollare l’anellone. Lei gli chiede se può far parte della massoneria. E il Gran Maestro: “Alle donne non è concesso, ma una come te ci farebbe davvero comodo…” Cicciolina ricambia il complimento: “Hai un bel fisico, sei muscoloso…” Lui non resiste, tira su la manica della giacca, slaccia il polsino della camicia e mostra soddisfatto il muscolo. Poi confessa: “Sai, io ho un passato da istruttore di body building…” Gran finale con il Gran Maestro che dal cestello piglia una cubetto di ghiaccio e con quello accarezza il collo e le labbra di Cicciolina. Alto erotismo, oh, my God!
….Ognuno corteggia come sa :-)))
Anonimo
3 Febbraio 2008 @ 17:47
@claudio
i lettori controinformati assieme ai controinformatori devono prendere con le pinze quel che leggono dal mainstream.sempre.
il Messaggero, e tutta la scala dal direttore alla fonte riservata dell´articolista sono stati querelati da Venzi (GM della GLRI), il presunto protagonista, assieme a cicciolina, per aver pubblicato il falso.
.inoltre:
Chi ha letto Pinotti e l´intervista al “vero” Venzi si puó fare un´idea di quanto la notizia del Messaggero sia falsa.
Senza contare quanto la notizia possa risultare ridicola a chi conosce personalmente il personaggio in questione.
Il Messaggero ha pubblicato una smentita, piccola piccola, inosservata.
e ovviamente non interessante agli occhi di chi vuole solo leggere di pornografia&potere, in salsa “AvvocatoDelDiavolo”
Solange Manfredi
3 Febbraio 2008 @ 19:09
Io, a dir la verità, la notizia l’ho appresa da un articolo trovato sul sito di un massone, il maestro Martin Rua all’indirizzo http://martinrua.ilcannocchiale.it/?TAG=messaggero che ogni tanto ha postato con noi. Ad oggi anche a lui era sfuggita la smentita piccola piccola. Grazie di averci segnalato la cosa.
Anonimo
3 Febbraio 2008 @ 21:45
di niente.
sarebbe interessante indagare come e soprattutto perché si é voluto creare ad arte e diffondere tale notizia, che non fa che gettare fumo negli occhi, alimentando pregiudizi con dettagli porno-hollywoodiani,costringendoci a leggere-commentare(scrivendo o meno)-smentire inquinando le (accidenti!) validissime notizie da voi riportate:)